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sabato, Luglio 5, 2025
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Imane Khelif attacca Angela Carini: “Mi conosce da anni, voleva solo indebolirmi”

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Esco a testa alta. Ora dico ciao alla boxe“. Così Angela Carini in un’intervista a La Stampa. La pugile azzurra, che ha abbandonato dopo soli 46 secondi il match contro l’algerina Imane Khelif all’Olimpiade di Parigi, spiega ancora il suo ritiro: “Non me la sono più sentita di combattere dopo meno di un minuto. Ho preso un colpo al naso e ho perso l’equilibrio, non respiravo e quindi ho detto basta“. “Ho voluto salire sul ring – ha spiegato la 25enne di Afragola – . Pensavo a mio padre, che per me è un esempio di vita, e agli sforzi che ho fatto per essere qui. Questa per me era la mia Olimpiade e volevo percorrere l’ultimo chilometro”.

Non sono nessuno per poter giudicare. Non sono nessuno per prendere una decisione. Se questa ragazza è qui ci sarà un motivo. Io ho combattuto e sono salita sul ring, come è giusto che facessi. Nessuna protesta, mi adeguo alle regole. Mio padre ha voluto questo, lo faccio. Dio ha voluto questo, lo faccio. Va bene così. Il mio non saluto? Ho sbagliato, sono scesa dal ring per rabbia, ma non verso la mia avversaria” ripete l’atleta a La Stampa

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E poi ancora: “Mi fa malissimo il naso. Ho il cuore a pezzi. Io sono una combattente, mio padre mi ha insegnato a essere una guerriera. Salgo sul ring con il sangue agli occhi. Non mi vergogno di certo, e poi di cosa devo avere vergogna? Perché mi sono arresa, non ho potuto combattere? Questo non è vergogna, anzi. Adesso? Dico ciao alla boxe”.

L’attacco di Imane Khelif ad Angela Carini

La Carini ha successivamente chiarito parole e decisione prese: “In quel momento mi si è bloccato tutto”, ha spiegato scusandosi e augurando all’algerina di riuscire ad arrivare in finale e a conquistare l’oro.

Frasi che non sono bastate né alla federazione nord-africana, che s’è schierata a testuggine per difendere Khelif, né alla stessa boxeur che in un’intervista all’emittente SNTV ha ammesso: “La pugile italiana mi conosce bene da anni, perché mi sono spesso recata in Italia ad allenarmi come membro della squadra nazionale. Mi sono allenata con lei e con gli allenatori, che mi conoscono da quando ero più giovane. Hanno usato questa campagna diffamatoria per cercare di indebolirmi”.

“Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuto – ha concluso -, tutti gli uomini e le donne algerini, tutte le persone del mondo arabo e il mondo intero che si è schierato dalla mia parte in questa feroce campagna contro di me. Il bullismo ha conseguenze devastanti e può distruggere le persone, uccide i pensieri, lo spirito e la mente, divide i popoli. La mia famiglia a casa in Algeria è preoccupata. Li sento due volte a settimana, spero non siano troppo profondamente feriti da tutto questo. Vincere l’oro sarebbe la mia miglior risposta”.

La risposta del CIO: “Khelif aveva tutto il diritto di partecipare ai Giochi”

E, sul caso che tiene banco da ormai due giorni, non si è fatta attendere la risposta del CIO (Comitato Olimpico Internazionale). Aspramente contestato sui social, il Comitato Olimpico Internazionale prende posizione e spezza una lancia a favore dell’atleta algerina.

Questa la nota: “Khelif ha il diritto di partecipare ai Gochi. Ogni persona ha diritto di praticare lo sport senza discriminazioni. Tutti gli atleti che partecipano al torneo di boxe dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 rispettano le regole di eleggibilità e di accesso alle competizioni e rispettano le norme di carattere medico stabilite dalla Boxing Unit di Parigi 2024”.

Il CIO inoltre stigmatizza “i fuorvianti report su due atlete che partecipano alle Olimpiadi di Parigi 2024”, con riferimento a Khelif e alla taiwanese Li-Yuting. “Queste due atlete hanno partecipato a competizioni internazionali di boxe per molti anni nella categoria femminile, comprese le Olimpiadi 2020”. Le due atlete “sono state vittime di un’improvvisa e arbitraria decisione dell’Iba”, organizzazione non riconosciuta dal CIO, che le ha escluse dai Mondiali 2023: “Sono state squalificate improvvisamente in base ad una procedura non equa”.

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