“Recentemente si è triplicata la velocità di sollevamento del suolo, passando da 1 a 3 centimetri al mese“, ha dichiarato davanti alle telecamere dell’ANSA la direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Francesca Bianco, in conseguenza del terremoto di magnitudo 4.4 avvenuto nella notte con epicentro nel comune di Pozzuoli.
“I terremoti sono dirette conseguenze del sollevamento del suolo“, le parole di Francesca Bianco
L’esperta, alla stregua di quanto analizzato da scienziati e vulcanologi dall’inizio del 2025, segnato da un riacutizzarsi della crisi bradisismica, ha dichiarato che i terremoti nei Campi Flegrei sono dirette conseguenze del ritmo di sollevamento del suolo, oltre che delle variazioni di velocità con le quali avviene. Secondo la vulcanologa, infatti, sarebbe innegabile che la velocità con cui il suolo si sta sollevando sia triplicata nelle ultime settimane rispetto a qualche mese fa. Dunque nulla di ciò che è accaduto la scorsa notte è inaspettato, nonostante “non è possibile stabilire quando arriverà un terremoto nè quale intensità avrà“, ha aggiunto Bianco.
“Siamo davanti a un’ulteriore intensificazione del bradisismo a Pozzuoli“
Quel che è certo è che “è in corso un’ulteriore intensificazione del bradisismo rispetto al 2023“, ha proseguito l’esperta, affermando inoltre che “non abbiamo assolutamente evidenze di magma a bassa profondità“. Così con queste parole Francesca Bianco ha smentito qualunque timore o preoccupazione legati alla considerazione che questi sciami sismici rappresentino dei campanelli d’allarme di una prossima eruzione.
La connessione tra rischio e pericolosità secondo Francesca Bianco
D’altronde il rischio di un terremoto, secondo Bianco, è strettamente connesso con la pericolosità – ossia alla maggiore o minore probabilità che in un determinato periodo di tempo si verifichi un dato periodo -, oltre che al valore esposto – ossia a ciò che la pericolosità minaccia, rappresentato da persone, edifici, infrastrutture, ecc.
Inoltre la direttrice di INGV ha posto l’attenzione anche su come la percezione del rischio degli abitanti delle aree vulcaniche campane sia nettamente cambiato rispetto agli anni ’90 o agli inizi del 2000. Allora infatti il rischio – che pur sempre esisteva – veniva del tutto ignorato, a fronte di un certo fatalismo, che si traduceva nella volontà della popolazione di rimanere in quel territorio, ad oggi l’approccio è radicalmente cambiato. Ad oggi invece questa percezione sarebbe radicalmente cambiata, anche alla luce di una maggiore velocità con la quale viaggia l’informazione.