Quattordici richieste di condanna. Oltre un secolo di carcere. Questo il totale delle richieste avanzate dal pubblico ministero della Dda per i componenti del clan Angelino di Caivano, gruppo sgominato dai carabinieri nell’operazione eseguita giusto un anno fa. Indagine che mise in luce i rapporti opachi tra la mala dell’hinterland e alcuni politici locali come l’ex assessore Carmine Peluso che rischia adesso 6 anni. Per il boss Antonio Angelino detto ‘Tibiuccio’ la Procura ha invocato invece 18 anni. Queste nel dettaglio le richieste avanzate dal pubblico ministero Giovanbattista Alberico 10 anni, Gaetano Angelino 14 anni, Raffaele Bervicato 5 anni, Domenico Celiento 4 anni, Vincenzo Celiento 4 anni e sei mesi, Giovanni Cipolletti 13 anni, Domenico Della Gatta 4 anni e otto mesi, Domenico Galdiero 6 anni e sei mesi, Raffaele Lionelli 10 anni, Angelo Natale 6 anni e otto mesi, Martino Pezzella 12 anni, Massimiliano Volpicelli 6 anni e otto mesi. Toccherà adesso al collegio difensivo (composto tra gli altri dagli avvocati Rocco Maria Spina e Maria Grazia Padula) riuscire a ridimensionare le accuse per gli imputati che rischiano complessivamente oltre un secolo di carcere.
Le dichiarazioni di Carmine Peluso
È stato l’ex assessore Carmine Peluso a spiegare come il clan di Caivano e la politica locale si sarebbero spartiti gli appalti pubblici. Oltre all’ex assessore rischiano pene severe anche due ex consiglieri comunali, Giovambattista Alibrico e Gaetano Ponticelli, un altro politico locale, Armando Falco, il tecnico Martino Pezzella e l’ex dirigente comunale, Vincenzo Zampella. “La mia intenzione è fornire maggiori informazioni sulle attività illecite e sui rapporti tra il clan e la politica”, così ha esordito in un verbale del 25 gennaio Peluso che venne eletto consigliere comunale nel 2020 e poi nominato assessore.
IL GARANTE TRA IMPRENDITORI E CLAN
Secondo le accuse della Dda, guidata da Nicola Gratteri, Peluso era diventato il “garante” nelle relazioni tra gli imprenditori e il clan guidato da Antonio Angelino detto Tibiuccio: “Ero stato individuato come il perno principale, nel senso che avrei dovuto essere il portatore presso le ditte delle richieste del clan”. L’ex assessore ha parlato anche del modus operandi: “La gara veniva bandita dopo che i lavori era già stati effettuati ed era frutto di un accordo a monte tra me, Zampella e la ditta”. Peluso ha ammesso di aver avuto vantaggi: “Facevo lavorare le ditte che volevo io e ciò mi giovava anche in termini di consenso elettorale. Poi mi veniva corrisposto denaro, da un minimo di 500 euro sino a 3mila euro da parte delle ditte”.