La decisione del Ministero dell’Interno di non procedere allo scioglimento del Comune di Giugliano è stata accolta con soddisfazione in città, ma ha attirato attenzione anche altrove. Il decreto con cui il ministro Matteo Piantedosi ha chiuso l’indagine ispettiva — avviata lo scorso febbraio dopo la sfiducia pilotata al sindaco Nicola Pirozzi — segna un precedente destinato a fare giurisprudenza amministrativa.
Nel documento del Viminale pesa in particolare il passaggio in cui si evidenzia l’insussistenza di elementi di collegamento tra l’amministrazione Pirozzi, oggetto dell’indagine, e la neonata amministrazione D’Alterio.
Il punto centrale, tuttavia, non è solo la continuità o meno tra le due giunte (non riscontrata nella relazione del Prefetto di Napoli), ma l’indispensabilità di tale continuità per arrivare allo scioglimento dell’Ente e al conseguente commissariamento per infiltrazioni camorristiche.
In sostanza, secondo quanto stabilito da Piantedosi, Giugliano avrebbe evitato lo scioglimento grazie alle nuove elezioni e alla discontinuità amministrativa certificata dalla Prefettura. Una puntualizzazione di rilievo giuridico-amministrativo.
Di conseguenza, sciogliere Comuni già commissariati in seguito alle dimissioni del sindaco o della maggioranza dei consiglieri non sarebbe più possibile — come invece avvenuto nel recente passato in Comuni del Napoletano come Melito e Poggiomarino. In quelle circostanze, le dimissioni erano seguite a procedimenti penali che avevano coinvolto anche i sindaci (poi assolti, come nel caso melitese), ma ciò non aveva impedito il commissariamento per 18 o 24 mesi ai sensi dell’art. 143 del Tuel (D.Lgs. 267/2000).
Oggi, alla luce del nuovo orientamento, se l’accesso ispettivo riguarda un’amministrazione non più in carica, non vi sarebbe motivo per impedire ai Comuni di tornare subito al voto. Occorrerebbe invece verificare la presenza di eventuali legami con la vecchia gestione e, in caso di insussistenza, disporre prescrizioni utili a garantire l’impermeabilità dell’Ente.
Una decisione che, pur nel suo tecnicismo, potrebbe ridisegnare i confini della responsabilità politica e amministrativa nei casi di infiltrazione mafiosa, aprendo la strada a un nuovo equilibrio tra garanzia istituzionale e diritto democratico al voto.
La decisione del Ministero dell’Interno, dunque, non rappresenta solo un esito amministrativo ma segna un punto di svolta nell’interpretazione del potere di scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose. L’impostazione adottata per Giugliano introduce un principio destinato a incidere sulle future valutazioni prefettizie e ministeriali: senza una reale continuità tra le amministrazioni, non può esservi responsabilità politica collettiva. Un orientamento che, oltre a tutelare l’autonomia locale, restituisce centralità al voto dei cittadini come strumento di discontinuità e rigenerazione democratica.