E’ il Napoli della stagione successiva al secondo scudetto (quello del 1990), siamo in casa di Ciro Ferrara, il terzino Giancarlo Corradini alla chitarra, il bomber brasiliano Antonio Careca ai tamburelli e Maradona che segue la performance. Massimo Mauro, Giovanni Galli, Giovanni Francini, Andrea Silenzi, Beppe Incocciati e Claudia Villafane (allora moglie di Diego), tra i più assorti mentre Pino Daniele intona Je so’ pazzo.
Ma l’incontro tra i due è di pochi anni prima.
La notte della festa per il primo scudetto, quello del 1987, i due non si erano incontrati: «Pino era allo stadio, “Io c’ho una piccola cosa da dire”, esordì, prima di attaccare una delicatissima “’O sole mio” e dire “Non è solo una vittoria sportiva, ma la vittoria di un popolo e di un Sud che si fa valere”, parlando davvero a nome di tutta la nazione partenopea», racconta Nello Daniele, fratello del cantautore e all’epoca anima del tifo organizzato partenopeo. Così quella sera del 1990, l’anno del secondo scudetto e della Supercoppa, i due si trovarono per la prima volta faccia a faccia.
«Era anche la prima volta che mio fratello, dopo l’intervento al cuore, impugnava una chitarra, o quasi, almeno in pubblico, e quello era pubblico scelto davvero», continua Nello, cantautore anche lui: «Eravamo in via Scipione Capece, Ciro abitava sopra, Maradona sotto. Arrivammo in auto, guidavo io, feci anche una trasgressione, percorsi un senso unico per non fare tardi. Pino conosceva già Ferrara, Corradini, Francini e Mauro che venivano ai concerti e avevano raccontato a Diego chi fosse quel Nero a Metà che aveva ridato a Napoli una canzone e una dignità. Diego aveva scoperto le sue canzoni, voleva incontrarlo, non era mai riuscito a raggiungerlo a Formia, come pure si era già ripromesso. Ora eccoli l’uno di fronte all’altro. Dopo cena io suonai con Pino – “Apucundria” – e non l’avevo mai fatto prima. Careca si mise alle percussioni, Corradini alla chitarra, un vero e proprio concerto, una ventina di pezzi, un’atmosfera magica».
Diego Armando Maradona è stato il più grande calciatore di sempre, ed i napoletani il popolo eletto a godere delle sue indimenticabili ed inimitabili gesta. Il Pibe de Oro, in città, ha lasciato un ricordo indelebile, non a caso è venerato al pari delle icone più celebrate di ogni epoca. Non solo Manu Chao, anche un altro grande della Musica Partenopea e mondiale, dedicò una vera e propria lettera d’amore a Dieguito. Pino Daniele, nell’album “Passi d’Autore” del 2004, dedicò una vera e propria lettera d’amore al giocatore più grande di tutti i tempi.
La canzone è rimasta sconosciuta ai più, ma il testo è veramente sublime per non ricordarlo. Ecco il significativo Tango della buena suerte, che l’autore nato a Santa Maria la Nova, dedicò all’idolo della sua città.
“Tango della Buena Suerte”
Lui è un mago con il pallone
io l’ho visto alzarsi da terra
e tirare in porta
soffia il vento d’Argentina
davanti agli occhi spalancati
e pieni di grande speranza.
E’ il momento giusto
suona il tango per magia
lui è l’uomo giusto
che ci può far vincere
tango della buena suerte.
Ma la partita più importante
è da giocare con la vita
stando a metà del campo
mentre chico corre intorno al mondo
noi non abbiamo ancora
imparato questa lezione.
Ed a luci spente
suona il tango per magia
resterà qui per sempre
come un fermo immagine
chico buona fortuna.
Ed al momento giusto
suona il tango per magia
lui è l’uomo giusto
che ci può far vincere
tango della buena suerte…