E’ prevista per domani l’udienza presso la Suprema Corte di Cassazione, su ricorso presentato dai legali di Antonio Riano, per chiedere il ridimensionamento dei 30 anni di carcere inflitti dalla Corte di Appello al fioraio di Pianura, riconosciuto colpevole nel secondo grado di giudizio dell’omicidio di Luigi Simeone e Immacolata Assisi. I due coniugi di Melito furono trovati senza vita in una cava di via Ripuaria, nel territorio di Giugliano. Mentre in aula si discuterà del ricorso presentati dai legali, all’esterno del palazzo di piazza Cavour, a Roma, i parenti e gli amici della coppia manifesteranno per dire no a eventuali sconti di pena o attenuanti generiche.
Il ricorso al terzo grado di giudizio arrivò in maniera del tutto inaspettata. Riano, condannato a 30 anni di carcere, poco prima della sentenza in secondo grado, prese la parola e ammise tutti gli addebiti a suo carico, riuscendo ad evitare l’ergastolo.
Le prove contro Antonio Riano sono schiaccianti. Riano non aveva i mezzi economici per potersi permettere di portare a termine la contrattazione. Le insistenze della sua fidanzata (da qui il movente passionale, ndr) lo avrebbe portato in un vortice di errori e bugie che lo hanno portato alla condanna. Il fioraio, nell’aprile del 2015, chiese ai due di incontrarsi nella cava giuglianese. Lì poi furono ritrovati i corpi senza vita dei coniugi, li raggiunse nel taxi della vittima ed esplose i colpi inscenando un tentativo di rapina finita male. Inutili i tentativi di costruirsi gli alibi. Determinanti sono state le prove acquisite anche tramite perquisizione domiciliare dell’imputato: uno scontrino e una busta di spumante, probabilmente per festeggiare con la compagna l’avvenuto acquisto (fittizio) dell’appartamento sull’Appia.