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sabato, Aprile 27, 2024
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Morte di Pasquale Apicella, scarcerato uno della banda: gli altri 3 restano in cella per omicidio volontario

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Scarcerato uno dei quattro esponenti della banda arrestata per la morte di Pasquale Apicella, restano in carcere altri tre. Questa la decisione presa dal Riesame sui 4 rom indagati per l’omicidio del poliziotto napoletano. In cella sono rimasti i 3 rom  Fabricio Hadzovic, 40 anni, Admir Hadzovic, 27 anni, Igor Adzovic, 39 anni,, per i quali è stata confermata l’accusa di omicidio volontario, rapina, resistenza a pubblico ufficiale. Un quarto del gruppo, Renato Adzovic, 23 anni, accusato invece di favoreggiamento, è stato scarcerato.

La dinamica della morte di Pasquale Apicella

I primi due erano rimasti incastrati nell’auto, identificati e arrestati, mentre i complici erano riusciti a dileguarsi prima di essere catturati successivamente. Renato e’ l’unico a non rispondere di omicidio ma di favoreggiamento. I tre hanno detto al Gip che non c’era in loro la volontà di uccidere e hanno fornito i dettagli di quanto accaduto quella notte. Hanno confermato anche il tentato furto ai danni della Deutsche Bank di Casoria, all’incrocio tra via Marconi e via Pio XII. Il guidatore era Fabricio che ha raccontato di aver accelerato fino ad arrivare ai 150 chilometri orari in via Capodichino, di aver proceduto a zig zag e di essere finito sullo spartitraffico quando ha visto l’auto guidata da Apicella. “Ho perso il controllo, ho sterzato ma non ho potuto fare a meno di prenderlo in pieno. Sono dispiaciuto, avrei voluto morire io”, ha detto.

La moglie, la sorella e il cognato di Pasquale Apicella

In questi giorni la moglie, il cognato e la sorella di Pasquale Apicella hanno scritto diversi post sui social per chiedere giustizia. “Io voglio che la Giustizia faccia il suo dovere. Spero che non possano mai più tornare a casa loro, Lino non è più tornato e non per sua scelta. Lino non ha potuto scegliere, mentre i delinquenti che lo hanno ammazzato invece sì, potevano scegliere. Potevano scegliere di non fare la rapina. Potevano scegliere di non scappare. Potevano scegliere di non speronare auto della Polizia. Potevano scegliere di non imboccare Calata Capodichino contromano a fari spenti a 160 km/h. Potevano scegliere di non impattare l’auto guidata da Lino che stava facendo solo il suo lavoro. Siccome potevano scegliere ed hanno scelto sempre male devono pagare e non tornare mai più a casa loro. Voglio che venga fatta giustizia per Pasquale, per sua moglie, per i suoi figli e per tutta la sua famiglia”, ha detto il cognato.

La vedova

Giuliana invece “Ti guardo in foto e non posso credere di non poterti toccare più. In quella macchina sono morta anche io, insieme a mio marito”. Giuliana Ghidotti, moglie di Pasquale Apicella, poliziotto morto durante un inseguimento a Calata Capodichino nel tentativo di fermare una banda formata da tre bosniaci, che aveva appena rapinato un bancomat, nella notte tra il 26 e il 27 aprile ha visto crollare in un attimo il proprio mondo fatto di amore e di certezze. Lino, agente scelto del commissariato di Secondigliano, non c’è più e lei deve cercare di andare avanti anche per dare forza al figlioletto di sei anni. Lo strazio di dovergli raccontare che il suo papà non c’era più è stato pesantissimo per Giuliana e per i suoi cari: “Lo stringo forte forte e lo guardo piangere, con gli occhi all’ingiù, pieni di tristezza. In questa situazione in cui ci siamo ritrovati lo strazio grande è non poter ridare a quel bambino di sei anni la sua spensieratezza di bambino di sei anni”, scrive su Facebook.
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