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venerdì, Aprile 19, 2024
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«Ci dava rassicurazioni ma poi si girò», il voltafaccia del boss Petriccione spiegato dal pentito

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Un voltafaccia per alcuni. Una presa di coscienza per altri che segna il passaggio del gruppo da costola del clan madre a cosca autonoma. Fatto sta che la ‘girata’ della Vanella Grassi rischiò di spazzare via i Di Lauro. La spallata del gruppo del centro storico di Secondigliano causò infatti profonde ripercussioni tra il 2007 e il 2008 nel gruppo del rione dei fiori già seriamente indebolito dalla fine della prima faida. A rivelare quel periodo e la capacità di Marco Di Lauro di ricostruire il proprio gruppo è stato Gennaro Puzella. Il collaboratore di giustizia si è rivelato fondamentale nel chiarire ai magistrati il contesto nel quale maturò l’omicidio di Ciro Maisto (leggi qui l’articolo).  Oltre a questo i malumori interno al gruppo a partire da un altro omicidio eccellente, quello di Giuseppe Pica (ucciso insieme a Francesco Cardillo) referente diretto di ‘F4’ per il Terzo Mondo.

Le dichiarazioni del pentito di Di Lauro sulla Vanella

«Giuseppe Pica fu ucciso da Luigi Magnetti e da Luigi Giannino. Un po’ prima i due, per come rivelatomi da Pica, avevano in mente la scissione e si incontrarono con Angelo Pagano. Si parlava tra noi, io, Maisto, Nunzio Talotti ma Pica disse di attendere l’autorizzazione da…… che era latitante. Ma Magnetti e Giannino furono più veloci ed ammazzarono Pica il 14 marzo 2007. Gli omicidi di Pica e Cardillo portarono scompaginamenti nel clan Di Lauro, anzi non esito a dire che proprio quegli omicidi portarono alla fine di tutto. All’interno del clan non ci si poteva fidare più di nessuno, non c’era un assestamento. Il pericolo era continuo e anche il compagno del giorno precedente poteva essersi girato. Gli Amato-Pagano avevano infatti grossi mezzi finanziari e pagavano profumatamente chi tradiva con promozioni e simboli di amicizia quali regali di orologi come i Rolex o di motocicli come il T-Max». Puzella ha parlato anche di ciò che avvenne quando la Vanella Grassi, fino a quel momento braccio armato del clan, decise di passare nel fronte opposto. In pratica si ‘girò’ dai Di Lauro. «Quando Salvatore Petriccione uscì si girò nonostante le rassicurazioni che dava mentre si trovava in carcere. Dopo queste notizie Nunzio Talotti venne posto a reggente del Rione dei fiori. Talotti però non ci pagava per come stabilito da Di Lauro».

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