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giovedì, Marzo 28, 2024
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Ragazzo di Fondi in coma dopo un’aggressione, i genitori: “Aiutateci”

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Aggredito e massacrato a pugni all’esterno di un pub a Londra, Marco Pannone, 25 anni originario di Fondi, sta lottando per sopravvivere. Marco si è trasferito sei anni fa nella capitale britannica e della sua aggressione si sa ancora molto poco.

L’aggressione a Marco 

Le cause dell’ira contro Marco sono ancora sconosciute, quel che evince è che è stato aggredito violentemente e che abbia riportato danni gravi. Il ragazzo è stato infatti subito trasportato all’ospedale, il King’s College Hospital, dove ora è ricoverato in stato di coma. Operato d’urgenza al giovane Marco hanno dovuto asportare parte della calotta cranica. Ad avvisare la famiglia del ragazzo pare essere stato un messaggio su Facebook.

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Un amico di Marco ha infatti contattato la sorella maggiore del giovane per avvisarli di quello che era successo. Nessuno della famiglia possedeva il passaporto, l’unico a poter raggiungere subito Londra è stato infatti lo zio, ex chef nella capitale. “Appena atterrato sono andato in ospedale. Una dottoressa gentile mi ha spiegato che le condizioni di Marco sono molto gravi. Che è arrivato in condizioni disperate e hanno dovuto asportare una parte di calotta cranica per cercare di ridurre la pressione e salvargli la vita” racconta lo zio.

Resta il mistero 

Ieri sono però arrivati a Londra anche i genitori del venticinquenne, ma la loro presenza non ha aiutato la verità a venire a galla. Resta infatti ancora un mistero la storia del giovane Marco. Lo zio racconta: “Al Consolato non sapevano nulla dell’accaduto, gliel’ho comunicato io. Anche dalla polizia londinese quasi nessuna informazione. L’agente che si occupa del caso è andato in ferie, mi ha lasciato la mail di un collega e il numero di registrazione del crimine“.

Non riusciamo ad avere informazioni, è assurdo. Possibile che non ci fossero telecamere dentro o fuori il locale? – continua poi – perché nessuno ci aiuta? Siamo stati completamente abbandonati anche dalle istituzioni italiane. Abbiamo chiesto aiuto al Consolato, anche un interprete perché non parliamo la lingua. Hanno preso i nostri dati e poi mi hanno mandato una mail dicendo che non avevano personale disponibile e quindi di rivolgerci alla polizia inglese” conclude lo zio.

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