Si fa più serrato il meccanismo dei controlli sul reddito di cittadinanza. È infatti diventato operativo il protocollo tra Inps e ministero della Giustizia per lo scambio delle informazioni utili alle verifiche relative alla concessione e/o alla revoca del beneficio. Un tassello che si aggiunge agli altri nell’azione di contrasto al fenomeno dei cosiddetti “furbetti” venuti alle cronache di tanto in tanto in diverse parti d’Italia. Il flusso di informazioni riuscirà a far emergere più di quanto sia avvenuto sinora i profili di irregolarità, colmando così alcune lacune nel dialogo tra le diverse amministrazioni interessate.
Accesso al casellario centrale
Ora grazie ai sistemi di interoperabilità messi a punto saranno effettuati controlli su tutti i richiedenti e percettori attraverso la trasmissione, da parte di Inps al ministero della Giustizia, dell’elenco costantemente aggiornato dei soggetti beneficiari del RdC per la verifica dell’esistenza nel sistema del casellario centrale di condanne con sentenza passata in giudicato da meno di dieci anni per i reati di cui all’articolo 7, comma 3, del Dl 4/2019. Lo riporta Il Sole 24 ore.
La prossima riforma
Sullo strumento del RdC in sé è in corso un dibattito con posizioni assai diversificate tra i partiti. «Pensiamo di risolvere il problema dei giovani che scappano, con il reddito di cittadinanza? Non sono d’accordo. Se si vogliono migliorare davvero le loro condizioni di vita, occorre dargli un lavoro ben retribuito, che vada contro la dipendenza dalla politica. Diciamo la verità: se togliamo questa paghetta chi voterà più il Movimento 5 Stelle?», attacca la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Sarebbe al contrario «irresponsabile» un’abolizione secondo il vicepresidente del gruppo Camera di Coraggio Italia Emilio Carelli. «La politica non può essere insensibile alla reale situazione di disagio in cui versano i cittadini, già provati dalla pandemia ed ora in piena inflazione e crisi economica». Il reddito di cittadinanza «non è sbagliato di per sé, ma il punto è com’è stata posta la questione dal punto di vista politico. In Italia andrebbe riformato», sostiene l’economista Carlo Cottarelli. «Il problema – spiega la ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna – è che è stato concepito anche come uno strumento di politiche attive del lavoro e in questo caso non ha funzionato. Bisogna andare nella direzione di separare le due questioni e usarlo per i fragili, che non possono essere inseriti nel mercato del lavoro, lavorando contemporaneamente sul potenziamento dell’occupazione, soprattutto al Sud».