Pochi giorni fa i giudici della Corte di Cassazione hanno emesso un provvedimento che riapre il doloroso caso legato alla morte del piccolo Samuele Gargiulo. La Suprema Corte ha accolto alcune delle argomentazioni del ricorso difensivo, ordinando il rinvio degli atti al tribunale di Napoli per un nuovo processo in Corte d’Assise d’Appello, dando così avvio a una nuova fase procedurale. Lo riporta Il Mattino.
L’imputato è Mariano Cannio, classe 1983, per il quale l’ipotesi principale resta quella di omicidio volontario. In primo e secondo grado, è stato condannato a 14 anni di reclusione. I fatti risalgono al 27 settembre 2021, in via Piazzi, a pochi passi da via Foria. Quel giorno Samuele precipitò dal balcone della propria abitazione. Era solare, pieno di vita, appassionato di calcio, amato da tutti. Cadde dal terzo piano, lasciando una comunità intera sconvolta.
Secondo la ricostruzione contenuta agli atti, a far precipitare Samuele sarebbe stato Mariano Cannio, che quella mattina si trovava nell’abitazione del bambino per svolgere lavori di pulizia. La Procura, sulla base delle indagini della Squadra Mobile, ha delineato un quadro preciso: Cannio avrebbe avuto in braccio il piccolo e, affacciandosi al balcone – forse distratto da voci o rumori provenienti dalla strada – lo avrebbe lasciato cadere nel vuoto. In quel momento, la madre di Samuele si trovava in bagno, colta da un malore dovuto alla gravidanza in corso.
Subito dopo la tragedia, Mariano Cannio fugge. Va a mangiare una pizza, poi si barrica in casa. Quando la polizia si presenta alla sua porta, lui non risponde. Gli agenti, allora, sono costretti a ricorrere a uno stratagemma: si fingono venditori, fanno scivolare un volantino sotto la porta per attirare la sua attenzione. La mossa funziona: Cannio si tradisce e viene individuato. Da lì prende il via un processo che, almeno in apparenza, sembra avere un solo esito possibile. Ma tutto cambia in Cassazione, dove il percorso giudiziario comincia a vacillare, grazie al lavoro della penalista Mariassunta Zotti, affiancata in questa fase dal collega Giovanni De Maria.
A disporre il rinvio degli atti a Napoli sono stati i giudici della Prima Sezione della Corte di Cassazione – presidente Giacomo Rocchi, consigliere Paolo Masi, relatore Raffaello Magi – che hanno evidenziato alcune criticità nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. In particolare, la Suprema Corte ha rilevato la presenza di un’ipotesi alternativa all’omicidio volontario che non è mai stata del tutto esclusa: quella secondo cui la caduta del bambino possa essere avvenuta in modo accidentale. Un’eventualità che, secondo i giudici, non è stata adeguatamente analizzata, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto psicologico dell’imputato. In sintesi, c’è un vuoto motivazionale che impone un nuovo esame in appello.
Ora si torna in aula, per un nuovo processo, nel corso del quale la famiglia del bambino – assistito dall’avvocato Domenico De Rosa – chiede rigore e giustizia per chi ha provocato la morte del piccolo Samuele.