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sabato, Maggio 18, 2024
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Scacco a Giuseppe Lo Russo, il boss dei ‘capitoni’ resta dietro le sbarre: ad inguaiarlo le rivelazioni dei fratelli

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Si è conclusa ieri pomeriggio l’udienza di convalida a carico di Giuseppe Lo Russo, ultimo boss ed irriducibile del clan di Miano. Il gip ha convalidato il fermo e applicato per il boss la misura cautelare del carcere. Lo Russo era stato arrestato subito dopo aver scontato una lunghissima detenzione con l’accusa di omicidio. A bloccarlo prima dell’uscita dal carcere di Novara gli uomini della squadra mobile su indicazione dei pubblici ministeri Maria Sepe e Celeste Carrano. Lo Russo, difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono, Antonio Abet e Andrea Lucchetta, dovrà rispondere degli omicidi di Angelo De Caro e Giuseppe Bevilacqua, delitti avvenuti negli anni Novanta.

Riguardo il primo delitto hanno avuto un peso determinante le rivelazioni di Carlo Lo Russo, fratello di Giuseppe: “L’omicidio di De Caro Angelo fu commesso su richiesta dei Licciardi. Preciso meglio, all’epoca il clan Lo Russo era gestito da mio fratello Giuseppe che se non erro in quel periodo era agli arresti domiciliari dopo un lungo periodo di detenzione presso il carcere di Torino dove sono io ora. Mio fratello Giuseppe era solito stare sempre a casa sua a Miano nel Rione San Gaetano e aveva una casa li al piano terra e aveva fatto anche costruire un circoletto/associazione Madonna dell’Arco, dove eravamo soliti incontrarci noi Lo Russo”.

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“Un giorno, mentre eravamo li io e Giuseppe Lo Russo, mi sembra fossero anche Mario e Domenico, vennero Costantino Sarno, Luigi Esposito detto “Nacchella”, Gennaro Licciardi se non sbaglio anche Vincenzo e chiesero a mio fratello Giuseppe, io ero presente, di uccidere Antonio De Caro. Non è stata la prima volta che loro ci chiedevano una cortesia del genere ne era la prima volta che avremmo ammazzato su richiesta dei Licciardi. “Nacchella” se non sbaglio aveva ammazzato Antonio De Caro, e chiaramente ora i
Licciardi volevano che si ammazzasse anche Angelo, in quanto temevano una ritorsione come ho già detto. Nell’ambiente criminale si ragiona cosi, se ammazzi un membro della famiglia poi ammazzi anche gli altri”.

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