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mercoledì, Aprile 23, 2025
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Spari ai baretti di Chiaia, picchiato per avere chiesto di rispettare la fila al bagno

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Ha saltato la fila che si era formata davanti ai bagni e quando uno dei ragazzi che stava aspettando il suo turno, uno studente universitario, gliel’ha fatto notare, ha estratto la pistola dal giubbino e l’ha minacciato di morte, prima di tramortirlo e pestarlo con i suoi amici. Vede ancora una volta protagonisti un gruppo di giovanissimi l’episodio, l’ennesimo, di violenza accaduto a Napoli.

Il fatto è successo lo scorso primo febbraio in un locale notturno della cosiddetta zona dei “baretti” di Chiaia, dove si è sfiorata la tragedia. Anche stavolta sono i cosiddetti futili motivi il movente delle violenze protrattesi dopo l’aggressione con una “stesa” all’esterno del locale in questione.
I carabinieri della Compagnia di Bagnoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Dda partenopea a carico di tre giovani: due sono indiziati di lesioni aggravate dal metodo mafioso mentre il terzo è indagato per il delitto di pubblica intimidazione con uso di armi, anch’esso aggravato da metodo mafioso.
Ad incastrarli sono state le indagini e i video acquisiti dei militari dell’ arma i quali hanno documentato non solo il pestaggio subito dallo studente ma anche una ‘stesa’ a colpi d’arma da fuoco esplosi all’esterno del locale, tra una folla di giovani e giovanissimi che presi dal panico sono fuggiti a gambe levate.

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L’arresto in carcere riguarda Antonio Izzo, 21 anni, Claudio Riccardo Garavini, 20 anni, e Alessandro Faraon, 19 anni: hanno agito con altri tre amici e tra gli indagati c’è anche una 37enne che li avrebbe agevolati cancellando i video della videosorveglianza del locale dove è scoppiata l’aggressione. Ad estrarre la pistola e a minacciare la vittima è stato Izzo; ancora lui l’ha poi colpita con il calcio dell’arma alla testa, prima che scattasse il pestaggio. Poi, quando lo studente era ormai a terra, Garavini lo ha preso a pugni in testa. Altri a calci, sempre alla testa. A sparare i colpi d’arma da fuoco all’esterno del locale notturno, invece, sarebbe stato, Faraon.

Le immagini diffuse dagli investigatori sono inquietanti: ritraggono infatti l’aggressione avvenuta all’interno del locale, costata danni permanenti alla vittima, colpita con il calcio della pistola alla testa, e il fuggi-fuggi generale quanto vengono sparati i colpi in strada.

 

Tra gli elementi che formano l’ordinanza di custodia cautelare eseguita all’alba di ieri c’è la testimonianza del giovane rimasto per ultimo nel locale insieme al 21enne aggredito. «Ieri sera (tra il 1 e il 2 febbraio scorso) io e i miei amici. Tra cui Olivier, siamo stati presso il locale ”Ops” di vico Belledonne a Chiaia per festeggiare il mio compleanno. A serata finita, quando tutti gli altri invitati erano andati via, io e lui ci siamo trattenuti qualche minuto in più per andare al bagno prima di lasciare il locale. Mentre eravamo in fila notavamo che un gruppetto di giovani stava scherzando al loro interno. Uno di essi a un certo punto superava totalmente la fila per il bagno e si piazzava davanti alla porta come se stesse per entrare. Nel vederlo il mio amico gli diceva che nel bagno c’erano delle ragazze già da tempo e che bisognava rispettare la fila. Lui, sentendo queste parole, rispondeva qualcosa che non ho capito, si avvicinava a Olivier dicendo “vuo’ vere’ che ti sparo in testa?”. Ha estratto una pistola nera dal giubbotto, che prima ha puntato brevemente al volto del mio amico e poi ha usato per colpirlo ripetutamente alla testa».

«Nel momento in cui veniva colpito, Olivier si accasciava al suolo e veniva raggiunti dagli amici del giovane armato, i quali per almeno dieci secondi lo colpivano con dei calci alla testa, precisamente agli zigomi e sulla nuca. Poi improvvisamente, visto che gli altri avventori del locale cominciavano a urlare, gli aggressori smettevano di colpirlo e il mio amico, totalmente insanguinato, si alzava barcollando e se ne andava verso l’esterno, dove io l’ho raggiunto accompagnandolo all’ospedale». Con pazienza i carabinieri hanno raccolto tutte le testimonianze utili all’indagine, ricostruendo la vicenda e arrivando all’identificazione dei presunti responsabili, attribuendo a ognuno responsabilità precise, non tutte uguali.

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