Li stavano braccando da mesi. Anzi, da anni. L’indagine partita nel lontano 2015, ha riempito il faldone degli inquirenti, rendendolo stracolmo di prove schiaccianti. E accuse pesanti. A cavallo tra il 10 e l’11 luglio scorso, però, le attività investigative hanno registrato una notevole impennata. Tanto che si è arrivati al blitz e all’arresto di 13 persone. Avevano formato una vera e propria banda ed erano attivi su Santa Maria Capua Vetere. Come base avevano scelto un bar, anonimo ma facilmente raggiungibile. L’area antistante il bar era diventata la loro piazza di spaccio. Ma non ne senso classico del termine. I 13 avevano studiato bene: passavano inosservati, nessun passo falso, tutto apparentemente in ordine. Non avevano la minima idea che le forze dell’ordine li spiavano da anni. Si erano inventati anche un linguaggio tutto loro, un codice. Cosi “un pezzo di coca” diventava “un kg di vongole”.
Il codice era irriconoscibile ad un orecchio estraneo e distratto. Ad esempio “un caffè” indicava la volontà di acquistare, “cose buone buone”, “documenti”, “libretto”, “macchina bianca” e “macchina marrone”. Tutti messaggi inequivocabili per chi fosse a conoscenza del codice. Ma anche per la Dda e per i Carabinieri. In poche ore hanno raso al suolo la banda e il “sistema del bar”. Li seguivano a distanza, con telecamere nascoste, intercettazioni ambientali, microspie e molto altro. Ora, però, le indagini sono state chiuse anche a livello burocratico e per gli indagati il rischio e di rivedere la libertà dopo tanti, troppi, anni. Per loro, le accuse vanno dall’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti – hashish e coca -, alla detenzione ai fini di spaccio e cessione in concorso di sostanze stupefacenti.

