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giovedì, Maggio 9, 2024
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AGRICOLTURA, EMERGENZA FREDDO NEL GIUGLIANESE

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di ACHILLE IACCARINO



GIUGLIANESE – Ai tanti problemi che assillano la nostra agricoltura, dalla conduzione aziendale e alla commercializzazione per finire alla concorrenza comunitaria e non, da diversi anni si è aggiunto quello della volubilità del clima, che passa all’improvviso dal caldo al freddo con piogge torrenziali che mandano in rovina i terreni, pregiudicando i raccolti.
Questa instabilità atmosferica, che recentemente si è presentata abbastanza forte, viene chiamata «tropicalizzazione». Il ritmo prima era dettato dalle stagioni ed a mano a mano venivano fatti i lavori dell’azienda. Ora tutto sembra capovolgersi. Purtroppo l’uomo non può fare niente per evitare che ciò avvenga. Deve restare fermo ad assistere che la pioggia finisca per ripresa dei lavori, di sistemazione dei campi che non possono aspettare. Eppure i lavori sono indifferibili e necessari per la preparazione per i raccolti futuri. Il danno può essere alleviato se il terreno, specie quello collinare, è coperto da vegetazione. E l’area flegreo-giulianese, da Cuma alle pendici dei Camaldoli, è una delle più vulnerabili a causa delle caratteristiche del terreno, facile a smottamenti.
«Tuttavia, se è chiaro che in presenza di piogge tanto intense non vi sono condizioni del suolo e degli alvei sui viali che tengono – scrivono Amedeo D’Antonio e Maria Rosaria Ingenito su Campania Agricoltura – la domanda che ci si pone è cosa si può fare per attenuare o prevenire eventuali disastri ambientali legati a queste modificazioni? Non si può negare che la gestione delle terre è di fondamentale importanza per mitagare gli effetti delle piene e delle frane. È noto – continuano D’Antonio e Ingenito – Se un terreno è privo di vegetazione, la caduta della pioggia, anche se moderata, scatena un profondo dissesto che può provocare danni irreparabili rispetto ad un terreno coperto da vegetazione. Un pascolo naturale o seminativo di circa il 95 per cento, un bosco o una foresta possono raggiungere altissimi valori protettivi contro l’erosione del suolo. Di contro il bosco non può impedire movimenti estesi e profondi e talvolta, il peso della massa legnosa può aggravare la situazione».
Per la cronaca va ricordato che l’ultima opera di bonifica idrogeologica nei comuni a Nord di Napoli fu fatta tra il 1825 e il 1854 da Ferdinando di Borbone. Ancora efficiente ma col tempo trasformata in una cloaca a cielo aperto.




IL MATTINO – 19 FEBBRAIO 2003

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