IL REPORTAGE
dal corrispondente a CASERTA
SAN MARCELLINO (CE) – L’aria che si respira nella moschea è un po’ tesa. Gli occhi sono incollati alla televisione sintonizzata su Al-jazeera. La voce araba della giornalista commenta le immagini dei prigionieri americani, i visi terrorizzati dei soldati spaventano e commuovono anche alcuni marocchini che ci guardano con uno sguardo inoffensivo che testimonia tutta la loro solidarietà. Sono giorni difficili per loro, per quelli che credono davvero nella religione islamica e che ripudiano ogni guerra nonostante gli aerei americani bombardano i loro simboli, il loro mondo. Nasser Hidouri, Imam della comunità religiosa, è anch’egli visibilmente preoccupato, ma non rinuncia a farci i soliti onori di casa, ci conduce nel suo studio e ci offre qualche dattero e un succo di frutta egiziano. “Sono giorni di preoccupazione per noi – ci spiega subito- non pensavamo che la guerra iniziasse così presto, senza aver terminato nemmeno la ricerca delle armi chimiche di distruzione di massa. Noi comunque, come musulmani , pensiamo che questa sia una guerra contro l’umanità. Perché per noi Saddam non rappresenta nulla.” Ma come viene considerato Saddam Hussein dal modo islamico, ci viene subito da chiedere. “Il mondo islamico è diviso in due parti –spiega Nasser- ma la maggior parte è rappresentata da quelli a cui non piace Saddam. Lui è arrivato ad essere Presidente dell’Iraq tramite la violenza. Anche se ha una piccola parte di nazionalisti che lo appoggia, ha una forte opposizione nella sua terra. Quando però si è visto quel soldato americano mettere la propria bandiera al posto di quella irachena lo spirito nazionalista è cominciato a venir fuori in più persone, perciò ora molte persone sono con il popolo iracheno”. Un gesto quello della bandiera, che non è piaciuto agli iracheni per il semplice fatto che in quella bandiera hanno visto il riflesso di una nuova dittatura che annienta la loro identità nazionale, la loro dignità di popolo iracheno. La storiella dell’americano “salvatore del mondo” che arriva con la sua potenza e piazza la propria bandiera probabilmente non affascina più, le coscienze sono più forti oggi, gli occhi più attenti e i mass-media fanno un informazione dettagliata ed approfondita. È la guerra del petrolio questa per la maggior parte delle persone e la religione non c’entra o almeno gioca un ruolo marginale nelle motivazioni che hanno portato al conflitto. “A proposito di religione – aggiunge l’Imam- noi stiamo con il popolo musulmano iracheno come stiamo con il popolo cristiano americano. E ci dispiace davvero veder morire i soldati americani, anche se questi vengono a bombardare la nostra terra. Ci dispiace soprattutto perché loro non hanno colpa, sono programmati per combattere ma probabilmente non conoscono nemmeno i motivi veri di questa guerra”.
E i kamikaze? La religione islamica cosa ne pensa ci viene da domandare. “il discorso sui kamikaze è molto largo- commenta Nasser- per quanto riguarda i palestinesi, i grandi sapienti islamici, considerano lecita la loro azione perché in modo o nell’altro sono già un obbiettivo israeliano, è come se fossero già morti. Chi non conosce al disperazione che c’è in quei posti non può mai capire perché un uomo sceglie di morire sperando di preparare un futuro migliore per le generazioni future”.
Un futuro che sembra prospettarsi nel modo giusto per la moschea di San Marcellino, la gente comincia ad essere meno diffidente e a rispettare di più questo luogo. Qualche assessore comunale ogni tanto viene a fargli visita dimostrando, almeno per il momento, di essere intenzionato ad instaurare rapporti duraturi e pacifici. “ ma più in generale- continua Nasser- è il popolo italiano che sentiamo vicino e che abbiamo capito che come noi è a favore della pace. È questo lo vedo quotidianamente negli occhi degli italiani che vengono qui e vedono le immagini della guerra con noi. I fratelli cristiani noi li sentiamo molto vicini.” Una religione di pace quella islamica quindi, una religione che come tutte le altre se venisse rispettata costituirebbe la garanzia di vivere in un mondo civile e pacifico. Ma ancora una volta Nasser è pronto a ricordarci che viviamo nell’epoca dei potenti, nell’epoca dove chi è più forte strumentalizza le masse e inneggiando ad Allah o al Dio cristiano, oggi non fa altro che dividere ulteriormente due mondi. Due realtà che ogni giorno si separano sempre di più e che difficilmente si riuniranno in futuro.
La figlioletta di Nasser intanto gioca vicino al tavolo, avrà 4 o 5 anni, è bellissima. Di questa guerra non capisce ancora niente, per lei un americano o un italiano non fanno differenza. Un giorno la studierà sui libri di storia e capirà che purtroppo le differenze ci sono e che la libertà di decidere spetta ancora una volta al potente di turno.
Sette giorni.


