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BABY GANG, NOTTI DI VIOLENZA

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FRATTAMAGIORE. La «movida» della violenza, ovvero un’orda di minorenni in motorino che insultano, rapinano, picchiano, terrorizzano. Scene terribili da «Arancia meccanica» che ogni sabato notte si ripetono per le strade di Frattamaggiore e dei paesi vicini, dove i padri salutano i figli che escono di casa con una sola raccomandazione: se vogliono il cellulare o il motorino, daglieli, l’importante è che tu torni a casa sano e salvo. Sì, perchè i ragazzini che non fanno parte della banda di vandali che semina la paura a Frattamaggiore e dintorni ogni volta che escono di casa per andare, si fa per dire, a divertirsi, rischiano la pelle. Perché quelli, i vandali, che il film di Kubrik «Arancia meccanica» non l’hanno nemmeno mai visto, ma lo interpretano alla perfezione, se reagisci, quando ti rubano il motorino, il minimo che ti possano fare è spaccarti i denti con il calcio di una pistola.
È già successo a un ragazzino di sedici anni che per due volte non aveva battuto ciglio, ma alla terza gli fracassarono i denti perchè aveva osato chiedere: perchè lo rubate sempre a me? E fu anche fortunato: un altro suo coetano venne lasciato agonizzante in una pozza di sangue. La coltellata che gli avevano inferto perché aveva reagito alla rapina aveva reciso l’arteria femorale.
«Tutti i sabato notte sono terrorizzato», racconta un padre, Sossio Capasso. «Fin quando mio figlio non torna a casa – aggiunge – non mi calmo». E racconta l’ultima notte di violenza, quando l’orda di ragazzini in motorino è di nuovo calata su Frattamaggiore proveniente dai paesi vicini. L’onda del terrore, stavolta, è partita da un bar di Crispano. Mancava un’ora a mezzanotte quando i teppisti hanno fatto irruzione nel locale, insultando, provocando, spintonando. Gli avventori tradizionali del bar hanno lasciato fare. Non hanno reagito, mentre il proprietario sudava freddo per paura che gli sfasciassero il locale. Poi sono aliti sui motorini e, col dito pigiato sul pusalnte del cicalino, hanno, come sempre, iniziato la loro rumorosa e terrificante «movida». E prima di sparire nella notte hanno rapinato due ragazzini e aggredito un automobilista che però è riuscito, ingranata la marcia, a sfuggire all’assalto che gli avevano sferrato contro, a colpi di mazza.
Le rapine e l’aggressione sono avvenute in rapida successione. Il primo ad essere preso di mira è stato un sedicenne di Arzano al quale hanno portato via il cellulare, i soldi e l’orologio. Al secondo, un diciassettene di Frattamaggiore, hanno rubato il motorino. Il terzo, l’automobilista, è riuscito a non farsi rubare la macchina, una Micra che porta però i segni dell’aggressione. I colpi di mazza hanno rovinato in più punti la carrozzeria. Le tre vittime hanno subito sporto una denuncia, che non ha avuto, per il momento, alcun effetto. I carabinieri hanno fermato nella notte una ventina di minorenni, sospettati di far parte della banda protagonista della notte di violenza che prima di terrorizzare Frattamaggiore aveva seminato, mesi fa, la paura anche a Casoria. Ma li hanno subito rilasciati. I giovani rapinati non li hanno riconosciuti. E così quei pericolosi teppistelli che infiammano i sabato notte dei paesi a nord di Napoli e che hanno anche dato fuoco al presepe allestito nella piazza antistante la chiesa madre di Frattamaggiore, continueranno a tormentare, impuniti, la vita di migliaia di loro coetanei.
Un’impunità che si sono conquistati con il terrore. Qui la gente non solo ha paura di quello che fanno, ma anche di quello che potrebbero fare. A ottobre, per vendicare l’apprezzamento che ritennero un’offesa a una ragazzina del gruppo dei vandali, arrivarono a decine e fracassarono i vetri e i parabrezza delle auto in sosta nella strada dove era partita l’ingiuria.


RAFFAELE INDOLFI






Nel week end risse a ripetizione



In una sorta di guida Michelin della movida violenta, Frattamaggiore occupa uno dei primi posti. Tra il venerdì e il sabato sera, la città registra un vero e proprio assalto di migliaia di ragazzi provenienti dai centri vicini, che si ritrovano in diversi punti della cittadina. E basta una parola di troppo, un complimento pesante a una ragazza e la rissa, che è sempre dietro l’angolo, scoppia violenta. Un altro pericolo viene dal codazzo di balordi, bulli e branchi violenti che di solito accompagna i grossi assembramenti di giovani. A ottobre, un vero e proprio mucchio selvaggio attraversò il centralissimo corso Durante, a bordo di uno sciame di motorini, lasciandosi dietro una cinquantina di auto sfasciate a colpi di mazze ferrate e bastoni del tipo utilizzato per giocare a baseball. Ora anche le rapine in branco, decise all’istante e da ragazzi che abitualmente per tutta la settimana lavorano o vanno a scuola.

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IL VESCOVO




Da anni fa sentire la sua forte voce per il riscatto del territorio, e anche oggi, davanti alle baby gang che devastano le città, don Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra, trova le parole per invitare la comunità a non arrendersi.
Eppure, monsignor Riboldi, davanti a simili episodi verrebbe la voglia di andare via.
«Mai fuggire. Scappare significa lasciare campo aperto ai delinquenti, scappare sarebbe la tattica più sbagliata».
Cosa fare allora, come difendersi?
«La comunità deve reagire, non deve lasciarsi intimorire. E deve intervenire, anche con durezza, per far capire che ci sono regole che vanno rispettate».
Dov’è che bisogna intervenire per prima?
«Nelle famiglie, non c’è dubbio. I genitori molto spesso sono completamente distanti dalla vita dei loro figli. Possibile che non si accorgano che i loro ragazzi usano la moto per scorribande e devastazioni?».
Cosa spinge un giovane a simili atti?
«C’è un pauroso sbando morale, le intelligenze maligne prendono il sopravvento e tra i giovani scatta una corsa all’emulazione. Ecco che le baby gang si moltiplicano, diventano un fenomeno, e i giovani si incontrano non per andare in discoteca ma per seminare il terrore».

p.mai.





L’ARCHITETTO



Dall’alto dei suoi 91 anni, trascorsi perlopiù a progettare ospedali (è suo anche il disegno della Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo), l’architetto Sirio Giametta ha assistito al lento e inesorabile declino della sua terra. E oggi, di fronte all’ennesimo episodio di violenza, allarga le braccia quasi rassegnato. E dice: «È uno sfacelo, ci vorrebbe il coprifuoco».
Architetto, davvero non resta che rassegnarsi?
«Che dire, c’è un decadimento morale che lascia senza parole. Oggi succede di tutto, ho letto che hanno anche rubato negli ospedali. Non so dove si andrà a finire».
Perché un ragazzo di 17 anni decide di trascorrere la notte devastando una città?
«È difficile fare una diagnosi. Ma la cosa che più mi fa riflettere è il forte contrasto che c’è tra le tante iniziative di solidarietà che hanno come protagonisti i giovani e questi episodi di violenza che ne hanno come protagonisti altri».
Secondo lei da dove deriva questo contrasto?
«Credo che la differenza la facciano i luoghi di aggregazione. Laddove ci sono e funzionano i risultati sono positivi».
Oggi, di fronte a quello che lei chiama sfacelo, molti scelgono di andar via. Lei in passato ha mai pensato di lasciare Frattamaggiore?
«Sono legato alla mia terra, alla mia città, e questa casa è sempre stata tutta la mia vita».
p.mai.





Bastoni e coltelli le armi



La loro arma è il numero. Quando ti vedi circondato da dieci motorini e venti ragazzi che urlano e fanno roteare in aria spranghe di ferro, bastoni o tirano fuori coltelli, consegni tutto senza fiatare. La tecnica delle rapine in branco è semplice, efficace, molto pericolosa e senza eccessivi rischi per chi le porta a segno. Perché se già è difficile ricordare un solo volto di chi ti ha rapinato, immaginate poi a mettere a fuoco venti facce diverse. Questo nuovo fenomeno, rischia di diventare l’ennesima emergenza sulla già disastrata questione sicurezza che è di casa in tutti i Comuni a nord di Napoli, nonostante il grosso impegno di polizia e carabinieri che durante i fine settimana effettuano decine di posti di blocco in tutta la zona.





E A CASORIA DUE MESI FA
AUTO PRESE A SPRANGATE





Appena due mesi fa toccò a Casoria subire una serata di paura firmata dal «branco»: trenta minuti di follia nei quali una banda di adolescenti arrivati in moto e armati di spranghe e mazze seminò il terrore nelle strade del centro, accanendosi contro le auto parcheggiate e sparando colpi di pistola in aria. Gli abitanti, sgomenti, assistettero a tanta violenza dalle finestre. Il giorno dopo, i segni di un raid assurdo e immotivato: ovunque un tappeto di vetri infranti, almeno trenta carrozzerie danneggiate. Un testimone li definì: «Facce pulite, adolescenti, nulla di più, che dopo aver dato sfogo allla furia teppistica si sono allontanati verso l’asse mediano». Anche in quel caso sotto accusa finì la periferia del degrado (Secondigliano, San Pietro a Patierno, il Parco Verde di Ponticelli).





LA NOTTE DI TERRORE



di MARCO DI CATERINO




Balordi del posto. Elementi della cosiddetta microcriminalità e che abitano nello stesso popoloso quartiere del convento delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore di Afragola, obiettivo del clamoroso raid di una banda di malviventi che l’altra notte ha sequestrato e rapinato le tre religiose che dormivano nelle loro cellette. Per gli inquirenti la cattura dei rapinatori potrebbe essere anche questione di ore.
Per tutto il giorno, gli agenti del commissariato di Afragola, diretto dal vice questore Maurizio Fiorillo, hanno effettuato decine di perquisizioni presso le abitazioni di numerosi pregiudicati, e controllato gli alibi di altri specialisti di questo genere di colpi. La convinzione tra gli investigatori che si tratti di elementi del posto nasce da due considerazioni. La prima è di carattere ambientale per il fatto che il percorso seguito dai rapinatori, poteva essere effettuato solo da chi riesce ad orientarsi e a conoscere bene quel dedalo di vicoli e viuzze che contraddistingue la zona di via Principe di Napoli. E poi il particolare che i malviventi hanno gettato via i due telefonini cellulari rapinati alle religiose, che avrebbero costituito una prova schiacciante contro chi ne fosse stato trovato in possesso. E allora per non correre rischi, i rapinatori li hanno abbandonati nei pressi dell’orto, mentre si allontanavano dal convento.
I soldi, invece, circa duemila euro che costituivano l’incasso delle rette dei cinquanta bambini che frequentano le due sezione di scuola materna del convento, hanno preso decisamente il volo e sia le religiose che gli inquirenti sono convinti che non potranno essere recuperati.
Sequestrate e rapinate di notte, in convento. In tutta la zona, abitata soprattutto da persone anziane che vivono da sole, è calata una pesante cappa di paura. In molti hanno ricordato la tragica morte di Antonio Bencivenga, un pensionato di 92 anni, che viveva da solo a un centinaio di metri dal convento, ucciso da tre balordi che si erano introdotti di notte nella sua abitazione per rapinargli i risparmi: ottocentomila lire. E quando l’anziano pensionato tentò di reagire, fu rinchiuso tra due materassi per evitare che qualcuno sentisse le sue grida. Antonio Bencivenga, morì per soffocamento, dopo un’ agonia di un’ora sotto gli occhi dei tre assassini.
E probabilmente anche suor Domenica, suor Maria Giulia, e suor Maria, in quell’ora e mezza che sono state in balia dei malviventi avranno ricordato la tragica fine del pensionato, mentre quelle tre ombre senza volto, rovistavano in tutte le stanze del piccolo convento. Un incubo terrificante che è svanito al primo chiarore dell’alba, quando, con i malviventi che si erano allontanati, è tornato il rassicurante silenzio di sempre e suor Maria Giulia è riuscita ad lanciare l’allarme ai vicini. Solo quando però è arrivata la polizia, le suore si sono un poco tranquillizzate, ma c’è da giurare che non dimenticheranno mai la brutta avventura che sono state costrette a subire.




il mattino 5 gennaio 2003

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