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Al teatro MadreArte omaggio a Sergio Bruni

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Pensieri poetici e musicali, in un suggestivo intreccio recitativo: a rievocare la “voce senza tempo” di Sergio Bruni, come la definisce il suo autore di sempre Salvatore Palomba. Nello spettacolo “All’imBRUNIre”, ideato e diretto da Antonio Diana, andato in scena al teatro MadreArte, il 2, 3 e 4 marzo scorsi, viene offerto al pubblico un ritratto commosso e a tratti malinconico del maestro Bruni. La “voce di Napoli”, che cantava ad occhi chiusi per leggere la partitura interiore scritta nella sua anima, rivive nella mimica e nelle note degli interpreti, che entrano in scena, non a caso, bendati. Tra di loro Gabriele Sauro che interpreta magistralmente la canzone “Che miracolo, stamattina”. Inizia così il viaggio degli spettatori alla scoperta del Bruni poeta, filosofo, religioso e artista. Uno scorrere veloce di immagini: “All’ imBRUNIre” è per gli spettatori come un bicchiere d’acqua fresca nel deserto, da bere tutto di un sorso, ma apprezzandone ogni istante. In scena vanno i successi classici del maestro come “Indifferentemente” e “Carmela”, ma in un’esecuzione che scava nel più profondo simbolismo. Incantevole l’immagine di “Carmela”, interpretata da Serena Pisa, che dà il volto alle varie donne citate nei versi. Una luce soffusa dietro un tendone bianco, come una cartolina di altri tempi e Carmela si anima in gesti e note, che fanno rivivere uno dei successi più noti di Bruni. Tecnica precisa ed impeccabile per gli interpreti: Maurizio Capuano, che riesce ad offrire ad ogni scena quel quid distintivo; Giovanni Merano ineccepibile davanti al plotone d’esecuzione; intenso Fabio Balsamo, che dà il meglio di sé nelle vesti iniziali di un paraplegico tanto da confondere il pubblico, che pensa si tratti di un vero disabile. Antonio Diana veste bene i panni di attore, vesti che ha saputo cucire sugli altri interpreti, in scena con lui, in una regia che convince. Bravissimi Antonio e Domenico Frate, diretti dal maestro Antonio Landolfi, le cui voci rievocano in modo fedele il tipico stile di Bruni. Speranze, passioni, dolori: gli spettatori passano da uno stato d’animo e l’altro e alla fine restano soddisfatti di non aver assistito a qualcosa di già visto. Qualche punto interrogativo resta, ma come spunti di riflessioni sul maestro Bruni. La scenografia assente è creata di continuo dagli artisti in scena. Fedeli, ma allo stesso tempo innovative le rielaborazioni musicali, curate da Carmine Marigliano e il maestro Mariano Bellopede, che musica due testi di Antonio Diana “Voce ‘e Napule” e “All’imBRUNire”. Brano sulle cui note sfila il corteo finale degli interpreti, mentre scorrono le immagini che salutano Sergio Bruni, le cui note restano come all’imbrunire, una luce che, seppur fioca, continua a vivere nel tramonto, prima che arrivino le tenebre della notte.

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