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Intervista al cantautore Francesco Mennillo

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InterNapoli.it incontra Francesco Mennillo, il cantautore e showman 28enne di Giugliano, ideatore e direttore artistico del LibereVociFestival e conduttore del programma di approfondimento giornalistico “Clandestino”, in onda su TeleClubItalia. Due anni fa è uscito il suo primo lavoro discografico: “L’amore, il sesso e la noia” ed è già al lavoro su un nuovo album. Mennillo è anche produttore di artisti emergenti e arrangiatore discografico che, grazie alla kermesse di successo da lui ideata, giunta già alla quarta edizione (nel 2012 si terrà la quinta edizione) offre l’opportunità a tanti giovani ed artisti di potersi esibire in uno dei contest più importanti del territorio, non solo qui a Napoli nord, ma anche a livello nazionale.

Come è nata la passione per la musica?
Mi sono ritrovato a 20 anni che scrivevo canzoni. Non so come sia successo, ma mi ha aiutato a lasciarmi alle spalle un periodo difficile della mia vita. Ho iniziato prima come cantante, poi da autodidatta ho cominciato a suonare le tastiere, il piano e mi sono cimentato negli arrangiamenti. Nel 2008 ho partecipato al “Sanremo Lab” (oggi Area Sanremo). Vedere tante persone che fanno il mio stesso percorso mi da consapevolezza che è dura… difficile, ma puoi farcela!

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Com’è nato il tuo album “L’amore, il sesso e la noia”?
Il disco è uscito nel 2009 ed ha rappresentato un punto di arrivo di un percorso durato 7 anni. “Occhi siciliani” (che fa parte del suo album, ndr) è stata scritta nel 2004. Produrre da solo il mio primo disco è stato anche l’inizio di una nuova esperienza. Serve molta passione per portare a termine un lavoro del genere.

Non deve essere facile produrre da soli un lavoro discografico. Come fai a promuovere l’album?
Purtroppo è così. Se non hai una major alle spalle, vendere un disco auto prodotto è a dir poco un’impresa, ma per chi ha deciso di fare della musica il proprio lavoro, la propria vita non c’è altra scelta. Bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare, anche a costo di girare l’Italia per far sentire a tutti le tue canzoni.

Il LibereVociFestival è ormai un evento riconosciuto e apprezzato non solo qui a Napoli nord. Come ti è venuta l’idea di mettere in piedi un contest del genere?
Il festival è nato nel 2008, con un bando pubblicato su Facebook. Ma l’idea nasce da lontano, da quando grazie alla frequentazione della chiesa San Massimiliano Kolbe di Giugliano, organizzavo il festival parrocchiale: un’esperienza durata 4 anni. Poi ho lavorato come animatore e capo animatore nei villaggi vacanze. Sapevo di potercela fare e vedere tanta tristezza a Giugliano, mia città alla quale sono molto legato, mi ha spinto, insieme a tantissimi amici e collaboratori, a mettere su quest’iniziativa che ci ha dato molte soddisfazioni. Il primo anno è stato un successo inaspettato. Il secondo anno siamo cresciuti notevolmente e alla quarta edizione, abbiamo accolto concorrenti anche dalla Svizzera. Quest’anno il festival ha ricevuto il riconoscimento di “Manifestazione di rilevanza cittadina” dal Comune di Giugliano. Se il LibereVociFestival ha un valore per questo territorio sono felice, significa che è stato fatto un buon lavoro. Abbiamo curato la manifestazione nei minimi dettagli, a partire dalla scenografia realizzata con materiali di riciclo: è stato un importante segnale in un momento così difficile per l’ambiente, in particolare per la Campania dopo le vicende degli anni scorsi.

Cosa ti aspetti dal futuro?
Pochi giorni fa è uscito il nuovo bando e stiamo già lavorando alla nuova edizione del LVF. Il 21 aprile prossimo ci saranno le prime audizioni per la categoria cover e a settembre riprendiamo con altre audizioni che si terranno anche in altre parti d’Italia. Partirò a breve per la Sicilia dove mi esibirò come musicista e cantante. Durante l’estate girerò l’Italia. Ma sto già lavorando ad un nuovo album che uscirà nel 2013. Non parlerò solo d’amore, ma anche di temi sociali legati all’attualità. Da giovane del sud percepisco una sofferenza latente. Vedo questo territorio abbandonato a se stesso. Dico quasi una banalità, ma sembra che i problemi siano diventati un’abitudine, siamo quasi assuefatti a tutto ciò che accade intorno a noi: bisogna reagire.

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