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HomeCronacaGiugliano. Processo 'Caffè Macchiato': Feliciano Mallardo condannato a 24 anni

Giugliano. Processo ‘Caffè Macchiato’: Feliciano Mallardo condannato a 24 anni

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Si è tenuto oggi, presso la settima sezione penale collegio A del tribunale di Napoli, il processo di primo grado contro Feliciano Mallardo e altre 48 persone, nell’ambito dell’inchiesta denominata “Caffè Macchiato”. Condanne durissime nei confronti dei componenti del clan Mallardo finiti nell’inchiesta con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, per aver imposto le forniture di caffè del noto marchio, alle attività commerciali del giuglianese e del litorale domitio. Assolti invece i familiari di Francesco Seddio (il titolare dell’industria di caffè) accusati di intestazione fittizia di beni. La condanna più pesante è quella di Feliciano Mallardo che rimedia 24 anni di carcere. Giuseppe D’Alterio invece è stato condannato a 15 anni e 4mila euro di multa, Carlo Antonio D’Alterio a 12 anni e 3mila euro di multa. Antonio e Pasquale Coppola condannati a 12 anni di reclusione a testa. Stessa pena anche per Saverio Miraglia, Michele Palumbo e Francesco Seddio, quest’ultimo assolto dall’accusa di estorsione ai danni di Rosario Froncillo. Pene molto più lievi invece per Carmen Granata e Santa Mallardo, condannate a 1 anno e 10 mesi di reclusione. Assolti tutti gli altri, tra cui i figli e le nuore di Seddio, ai quali il giudice ha ordinato il dissequestro e la relativa restituzione di tutti i beni.

Beni confiscati ai Mallardo. Il giudice ha ordinato la confisca di tutti i beni, tra cui quote sociali, beni immobili e mobili registrati e rapporti finanziari, sequestrati a Giuseppe D’Alterio e Carlo Antonio D’Alterio, di tutti i gioielli ed orologi sequestrati nel maggio del 2011. A Mallardo Feliciano è stata ordinata la confisca dei veicoli sequestrati a Santa Mallardo e infine, la confisca della quota del 50% della società Cosmo Immobiliare s.r.l. intestata a Saverio Miraglia.

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Assolti i familiari di Seddio. Sono stati tutti assolti i familiari di Francesco Seddio, difesi dagli avvocati Giuseppe e Vittoria Pellegrino. Il PM Cristina Ribera aveva chiesto la condanna per intestazione fittizia di beni, tentando di dimostrare che il vecchio capofamiglia, Francesco Seddio, condannato a 12 per concorso esterno in associazione mafiosa, avesse intestato tutto ai figli e alle nuore, per evitare il sequestro delle quote societarie dell’industria di caffè. Il giudice ha ordinato il dissequestro e la restituzione di tutti i beni sequestrati nel 2011.

L’inchiesta partì nel maggio del 2011, con l’operazione “Caffè Macchiato”, messa a segno dalla guardia di finanza e che coinvolse quasi 50 persone, di cui molte finirono in carcere. Il clan egemone a Giugliano finì alla sbarra perché accusato dell’imposizione forzata ai bar del circondario del caffè “Seddio”, miscela – secondo gli inquirenti – direttamente controllata dalla malavita organizzata locale. A controllare l’imposizione della marca “unica” di caffè, c’era – secondo le indagini – Giuseppe D’Alterio per il quale la richiesta del pm Cristina Ribera è stata di 21 anni di pena. Oltre a loro furono coinvolti prestanome e familiari degli affiliati a cui il clan – sempre secondo le indagini – aveva intestato beni per oltre 50 milioni di euro, il tutto per sfuggire alle grinfie della magistratura che cercava di colpire il clan col sequestro di beni e la confisca delle proprietà degli uomini più in vista della cosca. Nel processo di primo grado, però, parte di questa ricostruzione è stata smontata dagli avvocati Giuseppe e Vittoria Pellegrino. I Seddio infatti, hanno riavuto indietro l’industria di famiglia e sono stati assolti dalla pesantissima accusa di “intestazione fittizia di beni”.

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