In periodi di crisi economica, come quello che stiamo attraversando, l’informazione è in continuo contatto con le difficoltà della popolazione, soprattutto delle fasce più deboli. Posti di lavoro perduti, crisi dei consumi, tagli ai fondi per le politiche sociali-sanitarie: sono tutti sintomi di una società che ripiega davanti alle politiche dell’austerità ed al concetto di lavoro flessibile o delocalizzato. Nel Grande Fratello venutosi a creare, complici i social network e gli smartphone, emergono troppo spesso, le manifestazione di difficoltà più acute. Oggi pubblichiamo la foto di una signora che raccoglie frutta e verdura dagli scarti delle bancherelle del mercato rionale di via Di Vittorio, segnale evidente di un disagio sociale che aumenta giorno per giorno, che molti però ignorano o fanno finta di ignorare, a partire dalla classe dirigente, preoccupata più della Grecia e di quanto stia accadendo tra la popolazione ellenica, dimenticando che anche qui da noi, il divario tra ricchi e poveri aumenta a dismisura, generando sempre più spesso, situazioni come quella che vi abbiamo mostrato.
E’ uno scatto che racconta la fatica quotidiana di riuscire a mettere nel piatto qualcosa da mangiare, scendendo a patti con la propria dignità e andando a rovistare fra gli scarti di un supermercato.
Da cronisti potremmo correre ad intervistare la signora per indagare sulla sua condizione economica, a metà tra il dovere di cronaca e la tentazione dello scoop: tutto ciò porterebbe alla mortificazione della donna ed alla nostra sensazione di impotenza. Potremmo correre indignati dal politico comunale, regionale, nazionale, ben consci che presteremmo il fianco ad annunci o peggior ancora saremo rimandati a cercare le responsabilità sovracomunali. Da giornalisti forse torneremmo a casa soddisfatti magari premiati dal numero delle visualizzazione o dai dibattiti scatenati dalla rete, ormai unica piazza dove sembra che tutto nasca e muoia. Il giorno dopo a causa di un’overdose d’informazione ci lanceremo su un altro caso d’indigenza, perpetuando il solito circo mediatico nel quale tutto si mescola tra l’ennesimo fatto di cronaca nera e rosa.


