VILLARICCA. Resoconto di un’emozione, di un viaggio spirituale, e non solo. L’esperienza dei giovani di Napoli, di ritorno da Roma, dall’ultimo, estremo, saluto al Papa. Erano partiti nel pomeriggio di mercoledì da piazza Garibaldi, in 300. Un intero treno tutto per loro. Gli abbiamo chiesto di raccontarci, di raccontarsi. Le emozioni sono ancora fresche, così come la stanchezza di quelle interminabili 13 ore di fila. Enzo, don Giuseppe, Caterina e Agostino: i quattro punti di vista in questa avventura.
“E’ tanta ancora la commozione”, ci racconta don Giuseppe Tufo, parroco di S. Francesco, a Villaricca. “Durante l’attesa la sensazione più forte era di sentire il Santo Padre vivo, in mezzo a noi. Tra tutta quella gente, soprattutto giovani, si respirava il suo spirito, il suo esserci. Poi, al ritorno da questo viaggio ho sentito un forte senso di vuoto. Ora non c’è più… Ma è tanta comunque la serenità. C’è stato accanto da vivo, adesso sicuramente intercederà per noi da lassù. Anzi per me è già Santo”.
Un’esperienza assolutamente da ripetere, ci confermano tutti. Anche se solo per un attimo.
Diverse sono state, invece, le ragioni che hanno spinto questi giovani fin lì, sotto il sole, e nella notte.
Enzo, 28 anni, laureando in ingegneria, ci confessa: “Sono partito senza aspettative. Ero lontano dalla fede, già da un po’. Volevo rendere omaggio ad un uomo che ha segnato la storia. Sono tornato con la consapevolezza che una persona così carismatica è riuscita, da sola, ad abbattere tutti i confini dell’indifferenza. Per me il papa era un modello, forte, vero.” Diversamente la pensa don Giuseppe: “Trovo riduttivo parlare del Santo Padre solo come di un uomo storico. Lui era un uomo di Dio.., che ha amato l’uomo in maniera divina. La visione laicista di questo papa è smentita anche dalla grande fiumana riversatasi in questi giorni a S. Pietro. E’ stato un vero e proprio pellegrinaggio, una dimostrazione non solo di affetto, ma anche di profonda fede.” “Ho sentito improvvisamente il bisogno di esserci”. A raccontare stavolta è Caterina, studentessa in psicologia, 24 anni. “Non frequento l’ambiente parrocchiale da tempo. Ma ho sentito improvvisamente quest’esigenza. Tanti giovani sono stati chiamati lì….Il papa ha sempre avuto una parola per noi, ci ha cercati tante volte, fin dagli albori del suo pontificato. Abbiamo portato uno striscione con noi a Roma, diceva: ci hai chiamati. I giovani di Napoli sono qui.” Tante quindi le ragioni che li hanno portati lì, ma tutti a dimostrare che “l’amore non ha religione”, come ci dice Agostino, 21 anni, studente in psicologia. Tutti accomunati da un grande dolore, che hanno condiviso con gli altri. Agostino e Caterina ci parlano di questo. “Avevamo bisogno di sentirci parte di una dimensione più grande, perché la portata della perdita è stata grande. Elaborare il lutto- ci dicono- non è stato semplice. Lì provavamo tristezza. Ma era una sensazione surreale. La lunga attesa prima di vedere il corpo del papa ci è servita a prepararci alla perdita. Abbiamo metabolizzato solo dopo che il papa non c’era più”.
Un evento di per sé così triste, così irripetibile…porta forse in sé la grandezza di quest’uomo, che non era un papa, ma IL papa…Questa la chiave di lettura fornitaci da Enzo. “Ogni passo, ogni metro di quel serpentone umano era una nuova avventura. Giovani, anziani, di ogni nazionalità. Tutti uniti. Forse la meta del viaggio è stata il viaggio stesso. E’ buffo…Pare proprio che anche andando via ci abbia mandato un ultimo messaggio: l’amore non ha religione”.
«DA VILLARICCA A ROMA, IL NOSTRO OMAGGIO A WOJTYLA»
La morte del Pontefice. Le testimonianze di quattro giovani
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