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giovedì, Aprile 25, 2024
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«LE RAGIONI DEL RIFORMISMO»

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«L’ingorgo istituzionale va decongestionandosi. I cittadini hanno eletto i loro rappresentanti, i parlamentari i Presidenti delle Camere e i grandi elettori il Presidente della Repubblica.
Tutto secondo norma, calendario e buon senso. Adesso bisognerà votare i rappresentanti amministrativi e finalmente il Referendum confermativo sulla modifica costituzionale. La riforma costituzionale votata dell’ex maggioranza, è bene ricordarlo, nasce come tentativo di risolvere i grandi problemi causati dalla precedente riforma del Titolo V, posta in essere dal Governo di sinistra, con una manciata di voti di maggioranza.
Quella riforma ha provocato un numero straordinario di controversie tra Stato e Regioni riguardo alle attribuzioni specifiche, per di più aveva eliminato dalla Carta costituzionale il tutt’altro che formale richiamo all’“interesse nazionale”.
L’attuale riforma scritta dalla Casa delle Libertà ha tentato di porre rimedio alle incongruenze e ai limiti della precedente riforma. A questo punto che fare?
Noti costituzionalisti si sono espressi in maniera estremamente critica nei confronti della riforma del centro-destra, bocciandola senza appello, altri l’hanno criticata, affermando che si sarebbe potuta fare meglio, altri ancora hanno realisticamente sostenuto che si tratta di una buona riforma, poiché, data la situazione politica del nostro Paese, non si sarebbe comunque potuto fare di meglio.
Dunque, come si può notare, le posizioni sono molteplici e tutte meritano il massimo rispetto. Su un punto, ad ogni modo, mi sembra che si giochi la grande partita di questo Referendum: la Costituzione è emendabile oppure no?
Chi scrive (in ottima compagnia visto che le stesse cose le dice anche il costituzionalista dei Ds Barbera: “Il Sole 24 Ore” del 12 maggio 2005) non crede che la Costituzione italiana sia un testo sacro, di conseguenza non solo risponde che la Costituzione è emendabile ma aggiunge che proprio per le ragioni e per il contesto storico che portarono alla sua nascita è necessario che lo sia, e al più presto!
L’ovvia risposta del sottoscritto è confermata dal fatto che esiste un articolo della Costituzione che disciplina le procedure di riforma. Blindare la costituzione e ammettere la sua tangibilità solo a condizione che i due terzi del Parlamento siano d’accordo significa riconoscere la “sacralità” (costans et perpetua) del testo costituzionale e condannarlo all’intangibilità (rinvio nuovamente a Barbera).
Per questo motivo il Referendum confermativo resta un ottimo strumento per misurare la prossimità del corpo elettorale ai suoi rappresentanti.
Nella fattispecie vorrei far notare che qualora i cittadini bocciassero la riforma non torneremmo alla Costituzione del 1948 (che peraltro per tanti anni ha assicurato la più totale ingovernabilità al Paese), ma a quella modificata dalla sinistra nel 2001, che ha prodotto, e continua a produrre, una quantità enorme di controversie e di dispute tra Stato ed enti locali.
La riforma costituzionale che andremo a votare da un lato attua il principio federalista della sussisidiarietà (a noi cattolici piuttosto caro); dall’altro, finalmente — ed è questo il tratto davvero fondamentale — introduce la “sfiducia costruttiva” e un equilibrato riparto di poteri tra Parlamento e Premier (se qualcuno vuole impedire una riforma sul quale il Premier pone la fiducia, si torna al voto), oltre a dimezzare il numero (costo) dei parlamentari.
Questa riforma dunque è essenziale — benché non sia una panacea dei problemi del Paese — per dare governabilità. Allora, si abbassino i toni e si mantenga la calma, tutti gli altri Paesi occidentali contengono norme che impediscono o riducono notevolmente la possibilità dei partiti di “ingabbiare” il Premier ed è per questo motivo che esiste il ragionevole dubbio che conservatori nostalgici del “pentapartito” e del “consociativismo” (che sono in entrambi i Poli!) faranno di tutto per indurre gli italiani ad abrogare una riforma tutt’altro che perfetta, ma sempre e comunque una riforma che ridistribuisce con maggiore ragionevolezza i poteri all’interno degli ordini dello stato».


Flavio Felice
www.acton.org

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