Ma che burloni quelli della Volkswagen, si sono divertiti a giocare col nome dell’ultimo progetto della casa. “Iroc”, è soltanto la parte centrale di “scirocco”, come peraltro evidenzia tra il chiaro e lo scuro un’attenta lettura della targa. Se al nome si aggiunge che il colore è lo stesso verde vipera metallizzato che, dal 1976 figurava tra i cataloghi Volkswagen allora l’operazione nostalgia è completa. Frontale spiovente e corto, un tantino anticonformista dal momento che la tendenza attuale vuole per le coupé, un muso allungato e più sportivo. Fa la sua comparsa al centro, un’inedita calandra esagonale in alluminio; la bocca, così ben allargata si estende dallo spoiler inferiore fino ai fari allo xeno, creando un suggestivo gioco di pieno-vuoto in cui fanno la loro parte, le prese d’aria per il raffreddamento dei freni. La fiancata è alta e imponente, con nervature messe ancor di più in evidenza dall’alternanza di superfici concave e convesse. La coda è bombata ed è arricchita da un alettone che poggia direttamente sul portellone il quale, essendo molto corto, non sembra facilitare le operazioni di carico e scarico. Anche se la “bocca” è piccola, la capacità di carico è comunque molto elevata in rapporto alle dimensioni dell’auto (300 litri). Il parabrezza è davvero enorme e continua su per il tetto, a sua volta trasparente e in vetro oscurato. L’alternanza di verde, nero ed alluminio è riproposta all’interno dell’abitacolo. I sedili sono molto ben profilati ed hanno i poggiatesta integrati; le cinture di sicurezza hanno cinque punti e i rivestimenti in neoprene e cuoio. Sotto il cofano della IROC debutta una versione più pepata del 1.4 TFSI che equipaggia la Golf GT, abbinata ad un cambio robotizzato a doppia frizione DSG. Il propulsore è capace di ben 210 cv. Ancora buio su tempi e modi di produzione della Scirocco.
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