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«Il costo della memoria». Un libro per ricordare Don Peppino Diana

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Si è svolto venerdì 16 marzo presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale Alessandro Volta di Aversa la presentazione in anteprima nazionale del libro ” Il costo della memoria. Don Giuseppe Diana, il prete ucciso dalla Camorra.” Alla presentazione erano presenti l’autore del libro, Rosario Giuè; Domenico Rosato e Gennaro Pinto rispettivamente dirigente scolastico e docente dell’istituto aversano presso il quale per vari anni ha insegnato lo stesso Don Peppe Diana; ancora, Agata Avvedimento referente dell’associazione CittadinanzaAttiva; Raffaele Sardo, giornalista dell’Espresso e della Repubblica nonchè membro del Comitato “don Peppe Diana”; Don Clemente Petrillo, parroco della cattedrale di San Paolo di Aversa. Il libro ricostruisce il percorso umano e pastorale del giovane prete, cita eventi e testimonianze di chi non ha avuto paura di parlare, confronta pagine dei processi e riporta la voce della stampa dell’epoca. Una documentazione precisa che offre la chiave per capire, attraverso i fatti riportati, il fenomeno della camorra e il suo radicamento. A quasi diciassette anni dalla sua morte, l’autore si chiede perché tanto silenzio su questo prete coraggioso e scomodo: «Forse perché la memoria ha un costo e richiede di compromettersi?». Don Giuseppe Diana è stato ucciso dalla camorra il giorno del suo onomastico, 19 marzo 1994. Aveva trentasei anni. Il suo corpo fu trovato inerme in una pozza di sangue nella sagrestia della chiesa di cui era parroco, a Casal di Principe, con 5 colpi conficcati nella testa, al collo e alla mano. Una voce, quella di don Peppino, che predicava e denunciava, che ammoniva ma sapeva anche sostenere. Non si è limitato a combattere astrattamente il mondo della camorra ma con coraggio ha fatto nomi e cognomi dei boss della zona: i Bardellino, i De Falco e “Sandokan” Schiavone, in primis. Uno “sgarro” che può valere la vita in quei territori di frontiera. E così è stato per lui. « Spesso nel nostro territorio- ha affermato Giuseppe Pinto, ex collega ed amico di Don Peppino-coloro che dovrebbero difenderci dalla camorra fanno come gli struzzi: mettono la testa sotto la sabbia e fanno finta di niente. Parlo sia di istituzioni sia di membri dello stesso clero. Se non fosse stata per la volontà di alcune associazioni che ne hanno mantenuto vivo il ricordo- conclude Pinto- la figura di Don Peppino forse oggi sarebbe caduta nell’oblio delle migliaia di vittime senza nome della camorra». Una figura, quella del prete anti-camorra di Casal di Principe, che è stata più volte, negli ultimi anni, al centro di feroci attacchi provenienti da alcuni mezzi di stampa(soprattutto locali) pilotati dai boss della zona che volevano screditare in tutti i modi il giovane parroco, gettando fango sulla sua vita. Addirittura è stato accusato d’essere egli stesso un camorrista, implicato in affari sporchi; di essere un prete che andava con le prostitute. Niente di tutto questo è stato accertato dalla magistratura di Santa Maria Capua Vetere che anzi, nella sentenza d’appello del 2003 con cui sono stati condannati all’ergastolo gli eseguitori materiali e i mandanti dell’omicidio: G. Quadrano, Santoro, F.Piacenti e Nunzio De Falco, non ha potuto far altro che sottolineare come don Peppe Diana abbia dedicato l’intera sua vita a comprendere i meccanismi della metastasi camorristica, fermare l’origine di ciò che rendeva la sua terra contemporaneamente una miniera di capitali e un tracciato di cadaveri.

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