Da impianto in dismissione da bonificare a nuovo sito per il trattamento dei rifiuti. E’ un destino strano quello della centrale Turbogas di Giugliano. Secondo il nuovo piano regionale stilato dalla Regione Campania nell’area di Ponte Riccio dovrà sorgere un impianto – la cui tecnologia non è stata ancora individuata – che servirà a smaltire le ecoballe. Ma appena qualche anno fa l’Enel, proprietaria dei suoli, aveva inserito l’area dove sorge l’impianto di turbogas tra le 23 centrali da dismettere ed avviare a bonifica che però non è mai avvenuta.
STORIA DELL’IMPIANTO
L’impianto turbogas occupava un’area di circa 82.000 m2 (di cui 32.000 a verde) e
comprendeva 4 gruppi turbogas. E’ ubicato in località Ponte Riccio, zona che nel piano regolatore è individuata come agricola, distante 15 km dal centro abitato ed a ridosso del Comune di Qualiano. La realizzazione
fu decisa dal Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica il 26 ottobre 1976.
Più precisamente, i primi due gruppi sono stati costruiti sulla base di un decreto
autorizzativo del novembre 1979 e sono entrati in esercizio il 13 febbraio 1987,
mentre i successivi gruppi 3 e 4 sono stati realizzati sulla base di decreti autorizzativi
del 1992 e sono entrati in servizio il 31 maggio 1994.
Come tutti gli impianti analoghi di Enel, anche i gruppi turbogas di Giugliano hanno
prestato servizio per far fronte a situazioni di carenza di energia elettrica, in
particolare nei periodi di maggior richiesta (periodi “di punta”), oltre che per garantire
la sicurezza e la stabilità del funzionamento della rete elettrica nazionale e in caso di
blackout per contribuire prontamente al ripristino delle condizioni di normale
funzionalità della rete.
Dato il tipo di esercizio richiesto all’impianto, il periodo di produzione 1987-2005 è
stato caratterizzato da un limitato numero di ore annue di funzionamento, che
mediamente è risultato inferiore alle 200 ore/anno.
Negli ultimi anni la richiesta da parte dal Gestore del Sistema Elettrico Nazionale
dell’energia elettrica generata dai turbogas dell’impianto di Giugliano si è ridotta
sensibilmente.
A seguito delle mutate esigenze del mercato Enel ha chiesto ed ottenuto dal MISE
l’autorizzazione a porre in sicurezza e a cessare l’esercizio della centrale di Giugliano a
far data dal 10 marzo 2014
Nel 2006 è stata richiesta l’autorizzazione integrata ambientale AIA,
il cui procedimento si è concluso con il decreto del Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare nel febbraio del 2011.
L’AIA ha durata 5 anni dalla data di avviso in
Gazzetta e quindi fino al 09/02/2016.
La procedura
prescriveva che “in caso di dismissione totale dell’impianto l’ENEL doveva presentare entro tre anni un
piano di bonifica e ripristino ambientale al fine di minimizzare l’impatto e creare le condizioni per un
ripristino nel tempo delle condizioni iniziali”. Ed in effetti
facendo una ricerca sul sito dell’ARPAC della Regione c’era una delibera della giunta Regionale sul Piano di Bonifica Regionale nel quale compariva anche il sito della Centrale a Turbogas di Giugliano tra i siti potenzialmente contaminati. Infine c’è stato l’annuncio dei vertici Enel che hanno deciso la dismissione dell’impianto, riservandosi di presentare
entro 60 giorni il piano di bonifica previsto dalla prescrizione dell’AIA. Ed in effetti questo piano è stato presentato ma mai eseguito e la centrale è ancora potenzialmente inquinante.
INTERVISTA AL TECNICO
A questo punto i dubbi nascono spontanei. Com’è possibile prevedere la realizzazione di un impianto che dovrebbe servire a smaltire rifiuti (quelli di Taverna del Re) in una zona già inquinata ed in attesa di bonifica? Si poteva scegliere un altro luogo o un impianto alternativo per smaltire le ecoballe?
Lo abbiamo chiesto ad Annibale Barca.
Laureato in chimica nel 1988 presso l’Università Statale di Milano, il dr. Annibale Barca ha alle spalle una significativa esperienza industriale, nel cui ambito ha ricoperto l’incarico di responsabile del laboratorio Analisi, Ricerca e sviluppo.
Nominato nel 1992 responsabile commerciale per il bacino del Mediterraneo, è tornato in contatto con Napoli, sua città natale, decidendo di impegnare la propria esperienza per il bene della città.
Ha vinto nel 1999 il concorso per l’Amministrazione comunale di Napoli, promuovendo la realizzazione degli impianti fotovoltaici della circoscrizione di S. Giovanni, della piscina Scandone e del mercato della Canzanella.
E’ stato inoltre progettista per l’amministrazione comunale degli interventi di bonifica del suolo da contaminanti chimici e da amianto.
E’ stato direttore dei lavori per gli interventi di bonifica del suolo sul territorio cittadino,
nonché responsabile dell’Ufficio Energia ed inquinamento chimico del Comune di Napoli.
E’ stato consulente dell’ANEA, l’Agenzia Napoletana Energia ed Ambiente, titolare di seminari presso la facoltà di Architettura dell’Università Federico II e di corsi di insegnamento presso le scuole dell’obbligo, coordinatore di attività energico-ambientali con aziende napoletane.
Ha al suo attivo numerose pubblicazioni tecnico-scientifiche sull’influenza della radiazione solare nella formazione degli inquinanti dell’aria, nonché in materia di cambiamenti climatici, che ha esposto in una nutrita serie di convegni internazionali.
Allora dott. Barca come giudica la decisione della Regione Campania di costruire nell’ex centrale di turbogas a Giugliano un nuovo impianto per smaltire le ecoballe?
E’ alquanto singolare la decisione della Regione di scegliere proprio quel luogo come sito per ospitare un nuovo impianto dei rifiuti visto che l’area già ospitava un impianto di combustione. Ciò mi fa dubitare che lì non si voglia realizzare una struttura che divide i rifiuti ma un inceneritore nascosto.
Come fa a sostenere questa tesi?
Parto dal presupposto che sia impossibile classificare il contenuto di tutte le ecoballe perchè hanno una composizione variegata, non c’è una uguale all’altra. Pensare di aprirle tutte e di spacchettarle credendo di poter recuperare i materiali è un’utopia, sia perchè non si sa cosa c’è all’interno di ogni balla e sia perchè non è detto che i materiali siano ‘asciutti’ ed integri. Nel corso degli anni c’è stata l’azione di batteri patogeni ed infettivi che hanno modificato la matrice del rifiuto, pensare che l’umido sia completamente sparito è un’utopia.
Che fine farà il materiale non recuperabile né riciclabile? L’unica ipotesi è che vengano bruciati, dove non lo so. All’estero non credo, è più probabile che siano bruciate in loco ma
non dimentichiamo che ad Acerra c’è uno degli inceneritori più grandi d’Italia. Ma il vero problema è un altro
Sarebbe…
L’area dell’ex centrale Turbogas andrebbe bonificata perchè inquinata, ci sono i documenti che lo attestano e la Regione che fa? Decide di portare lì altri rifiuti, davvero una decisione al di fuori di ogni logica. C’è una procedura amministrativa che imponeva all’Enel di procedere al recupero dell’area contaminata. Quella centrale avrebbe dovuto bruciare gas ma, a quanto pare, nel corso di questi anni è servita per bruciare olio combustibile e gasolio. L’impianto ha inquinato l’area ed i terreni circostanti ed ora lì s’intende costruire un’altra struttura con nastri sui quali verranno aperte le ecoballe e selezionati i rifiuti. Ma nessuno dice come verranno smaltiti. Nel vecchio piano c’erano discariche ed inceneritori, nel nuovo progetto composto da 5 paginette non è spiegato nulla di tutto ciò. E non si può pensare di portarli nè all’estero nè in altre parti d’Italia, ci hanno provato con il progetto ecoballe ed abbiamo visto che il cronoprogramma della Regione si è arenato visto che molti Paesi, dopo aver aperto le ecoballe, vi hanno trovato di tutto, anche pneumatici e carcasse di animali morti, ed hanno bloccato i viaggi.
Allora non c’è altra soluzione che tenerle lì quelle piramidi di immondizia?
Vanno fatti studi approfonditi innanzitutto in loco. Se qualcuno vuole spostarle da lì significa che sanno che quelle piramidi di spazzatura continuano a creare danni alla falda acquifera perchè non c’è la dovuta impermeabilizzazione dei terreni. Se ci fosse la sicurezza che quelle ecoballe non facessero altri danni nessuno le muoverebbe da lì o almeno non avrebbe tutta questa fretta a farlo. Riguardo le soluzioni si potrebbe pensare di tombarle o di creare in loco un sistema capire all’interno cosa contengono. Non si può decidere qual è la cura se non si conosce qual è la malattia. Quello che è certo è che il sistema politico campano ha interesse affinchè il problema venga risolto a livello regionale e questa, in un mondo globalizzato, è una chiara contraddizione. Non capisco perchè quando di parla di investimenti le grandi aziende scappano dalla Campania e dall’Italia mentre quando si parla di rifiuti si punta sempre sulle stesse zone.


