Si chiamava Vincenzo Del Grosso uno dei tre operai morti lo scorso venerdì, cadendo da un’impalcatura al Rione Alto, a Napoli: stamattina a Forcella l’addio commosso di amici e parenti, i quali hanno sottolineato il suo impegno nel cimentarsi in qualsiasi tipo di lavoro pur di portare avanti la famiglia. Stando a quanto emerso, gli operai stavano svolgendo dei lavori al sesto piano di un palazzo quando, per cause ancora in corso di accertamento, il carrello elevatore avrebbe ceduto, facendo precipitare i tre uomini. Pare che non fossero provvisti di caschi né di cinture di sicurezza. Vincenzo e un altro suo collega coinvolto, inoltre, lavoravano in nero.
“A chi dice che se la sono cercata, vorrei vedere quale cantiere davvero rispetta le regole”, ha detto Carmen Martucci, compagna di Vincenzo Del Grosso. Toccante l’melia del sacerdote don Antonio Scarpato: “Nelle nostre strade c’è una guerra, che riguarda i giovani morti sulle nostre strade, le morti bianche. Quando i riflettori si spegneranno, rimarremo noi sul territorio con i nostri problemi”. L’avvocato Gianluca Zanfardino ha invece dichiarato: “Non si può giudicare chi lavora senza tutele per portare a casa da mangiare “
Operai morti, l’ira del cardinale:”Basta lavoro nero”
. “Tre uomini, tre lavoratori, tre storie spezzate mentre con dignità guadagnavano il pane per vivere”, scrive il cardinale in un suo messaggio. “Erano in un cantiere, su un mezzo di sollevamento ma in un attimo è crollato tutto: il cestello, il giorno, i sogni, le promesse. È crollato, ancora una volta – prosegue don Mimmo Battaglia – quel patto sacro che dovrebbe tenere insieme lavoro e sicurezza, fatica e dignità”.
“Per questo non possiamo tacere”, dice ancora. “Non possiamo far finta che si tratti solo di una tragica fatalità. Non è stato il destino. È stata l’assenza delle regole. È stata la mancanza di sicurezza e di controllo, la superficialità di chi doveva proteggere. È stato il silenzio di chi sa e non interviene, è stata la fretta che mette il profitto sopra la vita”. Vincenzo, Ciro e Luigi “sono stati uccisi da un’ingiustizia che ha nomi e responsabilità”.
E a proposito di responsabilità, prosegue l’inchiesta della procura di Napoli in cui quattro sono gli indagati per omicidio colposo plurimo. Gli ultimi sviluppi riguardano l’accertamento irripetibile disposto dagli inquirenti sui perni e sui bulloni utilizzati per fissare la struttura a cui era collegato il montacarichi. I tre lavoratori, tutti senza imbragatura, sono precipitati mentre erano intenti a trasportare sul lastrico solare dei rotoli bituminosi. L’intervento di rimozione dell’impianto inizierà sabato mattina e prevede l’impiego di una grossa gru che verrà installata a partire da domani. Alle operazioni assisteranno i consulenti di parte.
Tante, oggi, le persone che hanno partecipato ai primi due funerali. Le chiese di Calvizzano e Secondigliano erano gremite di amici, colleghi, che nei loro ricordi non hanno mancato di ribadire come sia “assurdo morire di lavoro”. “Chi lavora ha diritto a tornare. A tornare la sera, a tavola, con le mani sporche ma il cuore salvo. A tornare a stringere i figli, a salutare gli amici, a dire ‘ci vediamo domani'”, sono ancora le parole del cardinal Battaglia, secondo cui la morte dei tre operai non deve “cadere nel vuoto, ma diventare un grido che sveglia le coscienze, un vento capace di spezzare via l’avidità e l’indifferenza”.

