Alla fine, dopo gli ultimi due mesi di stenti, Papa Francesco non ce l’ha fatta. La notizia sembrava essere ormai nell’aria, specie dopo il ricovero al Policlinico “Gemelli” di Roma a causa della polmonite bilaterale. Era stato invece dimesso, giudicato guarito e il percorso di recupero sembrava procedere bene.
Appena ieri, in occasione della Pasqua, in Papamobile aveva distribuito le uova ai bambini e tenuto un incontro con il vice-presidente degli USA, J.D. Vance. Questa mattina, alle 07:35, la notizia del decesso, causato stando a quanto trapela da un ictus, con successivi coma e arresto cardiocircolatorio irreversibile.
Addio a Francesco, il Papa “di rottura” che ha cambiato la Chiesa cattolica
Sono già in corso i preparativi per il Conclave, che dovrà predisporre il trasferimento della salma del pontefice nella Basilica petriana, l’inizio dei novendiali, la celebrazione della messa funebre in piazza San Pietro. Il tutto secondo il nuovo Ordo exsequiarum Romani Pontificis, rinnovato per mandato dello stesso Papa argentino e da questi approvato il 24 aprile dello scorso anno.
Primo gesuita ad essere eletto al soglio pontificio, Bergoglio si è contraddistinto sin dal primo momento come un Papa “di rottura”, che avrebbe suscitato sentimenti contrastanti all’interno della Chiesa cristiana. Amava definirsi un cristiano semplice, fatto di carne e di ossa come un comune cittadino del mondo e sono stati tanti i gesti che, sin dai primi giorni di papato, ne hanno fatto a tutti gli effetti il “Papa della gente”: iconico è il primo discorso, affacciato al balcone di San Pietro, al momento dell’elezione al soglio di Pietro (“Cari fratelli e sorelle, buonasera! (…) Buona domenica, e buon appetito!”).
All’entusiasmo degli uni per discorsi e gesti, considerati rivoluzionari nella loro semplicità, ha fatto sempre da controcanto la perplessità degli altri sull’effettiva sincerità a quelli sottesa, tanto da ravvisare nel vescovo di Roma, preso “quasi alla fine del mondo”, un peronista in tonaca e un populista alla ricerca di consensi.
Dall’aborto e l’eutanasia alla comunita LGBT+, come Bergoglio ha modificato lo stile di approccio alle tematiche
Innovativo è stato il modo di Bergoglio di approcciarsi alle tematiche più spinose degli ultimi anni. Tematiche che hanno messo in vetrina come il Papa fosse tutt’altro che interessato al benestare dell’opinione pubblica, e come fosse invece interessato al deposito della fede ricevuto, ma trasmettendolo in una maniera e con dei toni del tutto nuovi.
Basti pensare, ad esempio, ai ripetuti pronunciamenti in materia di aborto ed eutanasia. Francesco era piuttosto punto dal continuo assillo di avvicinare le masse a Cristo e disvelare loro la bellezza del messaggio evangelico nell’ottica dell’accoglienza, del dialogo, della fratellanza.
Esemplificativa al riguardo la questione Lgbt+, che Bergoglio ha affrontato in prospettiva antropologica ed ecclesiale. Consapevole di avere di fronte non entità astratte ma persone con un determinato orientamento sessuale o identità di genere, ha sempre considerato le stesse come amate da Dio, loro creatore, per quello che sono. Celebri le parole dette nel 2018 all’omosessuale cileno Juan Carlos Cruz: “Che tu sia gay non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei”.
“La Chiesa dev’essere un ospedale da campo, deve accogliere tutti senza lasciare fuori nessuno”
Anche verso le persone Lgbt+ Bergoglio ha dunque modificato lo stile dell’approccio della Chiesa, che, come “ospedale da campo”, deve accogliere tutti e non lasciare fuori nessuno. È d’altra parte incontrovertibile come le parole e i gesti, che Francesco in dodici anni e trentanove giorni di pontificato ha riservato loro e alle istanze venienti dai movimenti, appaiano contrassegnati da ambiguità, prudenze, contraddizioni. Quest’ultime, in ogni caso, non di rado originate dal vezzo papale di parlare a braccio e colloquialmente: l’aveva dovuto riconoscere lo stesso Bergoglio a fine gennaio 2023 in una lettera al confratello gesuita James Martin, rettificando quanto detto ad AP sull’omosessualità quale peccato. Contraddizioni che sono da riportare probabilmente anche al grado di cultura e preparazione teologica del papa argentino.
Di Francesco non si potrà invece non ricordare con apprezzamento il granitico magistero dell’accoglienza e di riprovazione di ogni politica dei porti chiusi, dei sovranismi populisti, dei nazionalismi imperialisti. Resteranno monito ineludibile per la Chiesa e l’umanità le parole che quell’insegnamento sintetizzano ed esprimono: “Nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia”.