È considerato l’attuale reggente del clan De Micco di Ponticelli. In manette è finito ieri pomeriggio Fabio Riccardi, irreperibile dallo scorso 4 novembre quando era tra i destinatari di una misura cautelare in carcere insieme ad altre quattro persone tra cui l’ultimo irreperibile del gruppo, Giuseppe Perrella altro ‘pezzo da novanta’ dei Bodo.
A stanare Riccardi ci hanno pensato i carabinieri del Comando provinciale che sono riusciti a rintracciarlo in un appartamento di via Ungaretti poco distante dalla roccaforte del gruppo.
”Volevano che portassi qualche imbasciata alla famiglia mia. Se li potevo aiutare ma non tengo nemmeno modo di parlare perché non vado a colloquio”. Questo uno stralcio della conversazione tra il fratello del ras dei De Luca Bossa Francesco Audino, e un maresciallo della tenenza di Cercola che lo invitò a rivelare i nomi di chi lo aveva sequestrato. Un rapimento lampo dopo un pestaggio avvenuto in carcere con protagonisti esponenti degli stessi De Luca Bossa che avrebbero duramente malmenato Salvatore De Martino, reggente degli XX (alleati con i De Micco). I ‘Bodo’ organizzarono così la loro vendetta che era anche un tentativo di mediazione (leggi qui l’articolo precedente).
I fatti avvennero a fine agosto ma già il giorno dopo i carabinieri della Tenenza di Cercola scoprirono l’accaduto nonostante la vittima del sequestro di persona non avesse fatto denunciato il fatto per timore di ritorsioni contro il figlio.
I carabinieri sono giunti ad eseguire quattro ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Alessio La Volla e Romualdo Amitrano (figlio di Domenico Amitrano) mentre mancavano all’appello lo stesso Fabio Riccardi e Giuseppe Perrella (cugino di Vincenzo Costanzo ‘ciculill’ ucciso in un agguato al Corso Garibaldi). Acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza del bar dove Audino fu avvicinato i carabinieri videro l’intera sequenza con Riccardi, Perrella e Amitrano che, con fare perentorio, portavano Audino al cospetto di La Volla indicato come reggente del clan. L’uomo spaventato non rivelò i nomi dei sequestratori nemmeno quando il maresciallo della tenenza di Cercola lo invitò a raccontargli cosa fosse accaduto: ”Io li conosco tutti quanti…chi sono… uno due e tre… non posso dire niente. Ma i video ci stanno. Io non posso dire niente, ho sempre lavorato, non ho mai fatto niente”. Nonostante le richieste del militare Audino fu irremovibile: ”Ma che vuole da me questo procuratore… per me può chiamarmi pure altre 50- 60 volte, io dico sempre la stessa versione”.