Era in 28 agosto 2010 quando, da circa 4 giorni, Francesco D’Amato, un paziente di Sarno, era ricoverato a Villa Chiarugi, una casa di cura a Nocera Inferiore. La diagnosi era stata «psicosi schizoattiva». Secondo l’accusa, l’uomo morì all’alba del 29 agosto a causa di una diagnosi sbagliata del medico di turno che, da quanto è stato poi accertato, confuse uno stato di come con una diagnosi di “profondo sonno”. Come riportato da ‘Il Mattino’, il medico, scagionato in primo grado e condannato in secondo, non aveva capito la gravità della condizione in cui versava il paziente, il quale era in coma a causa di un’emorragia cerebrale che fu conseguenza di due potenziali cadute, una avvenuta il giorno prima del decesso e la seconda, il giorno successivo.
Durante il suo turno, l’uomo prescrisse al paziente la somministrazione di 250 millilitri di soluzione reidratante e di un flacone del farmaco Tad 600, sospendendo la terapia neurolettica e applicandogli una busta di ghiaccio sulla fronte. Inoltre, non prescrisse alcuna Tac.

