Supponeva di poterla fare franca Antonio Martone, l’uomo che ha ucciso il fratello bruciandolo vivo. Il suo obiettivo era quello di intascare 300mila euro della sua assicurazione sulla vita, per poi scappare in Asia dalla sua compagna. Martone sapeva che sulla morte del fratello c’erano indagini in corso, era cosciente del fatto che potessero scoprirlo, eppure era convinto di aver fatto un buon ‘lavoro’. Ci sono voluti 10 giorni, invece, per trovarlo e arrestarlo per omicidio premeditato nei confronti del fratello Domenico.
Il 30 marzo, nella campagne di lettere (in provincia di Napoli), i carabinieri trovano un corpo carbonizzato. L’autopsia svelerà successivamente che la vittima è stata bruciata mentre era ancora viva: i suoi polmoni erano pieni di fumo. Domenico Martone, 33 anni, viene identificato da un’automobile parcheggiata nei paraggi e da un Green Pass. La prima ipotesi riguarda alcune esecuzioni da cartello messicano, ma l’uomo è incensurato e non ha nulla a che vedere con la criminalità. Si tratta di un operaio, un ‘bonaccione’ a detta di chi lo conosceva.
L’auto imbottita di microspie: “Posso prendere il posto di Lupin”
La pista che alla fine si è rivelata essere giusta riguarda le due polizze sulla vita stipulate un anno prima. Antonio sarebbe stato il beneficiario. Le indagini si concentrano su quest’ultimo e, le telecamere, svelano che in quelle ore è stato anche lui da quelle parti.
Il giorno dopo Antonio Martone va a ritirare l’auto del fratello morto, ma non sa che è stata riempita di microspie dai carabinieri. “Sciuscià, sciuscià, l’ingegnere ingegna. Faccio arrestare tutti quanti! Se scampo anche questa, secondo me faccio la botta o mi ammazzo solo io… o posso prendere il posto di Lupin“, sono le sue parole in auto riportate da Fanpage.