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Coronavirus, letale in Italia: da noi fa più morti che in Cina

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(ADNKRONOS) – “In Italia il Coronavirus ha una letalità fino a 12 volte maggiore rispetto ad altri Paesi, e comunque si tratta della più alta del mondo. A contribuire a questo tragico primato sono l’eterogeneità dei trattamenti in tutto il territorio e la scarsa tracciabilità dei casi positivi asintomatici”. Questo il monito dell’Associazione mondiale delle malattie infettive e i disordini immunologici (Waidid), presieduta da Susanna Esposito, che lancia un forte appello per combattere la pandemia, anche sulla base dell’esperienza degli esperti cinesi. “Diagnosi precoce, isolamento e trattamento sono i cardini per tenere a bada l’epidemia. Ma la tracciabilità si rivela fondamentale”, dichiara

 

 

 

“I positivi asintomatici o paucisintomatici continuano a mantenere alta la circolazione del virus“, sottolinea.

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Coronavirus. Molti non sanno di essere positivi

“Recenti dati pubblicati su ‘The Lancet’ dimostrano come la mediana dell’eliminazione virale sia di 21 giorni e non di 14 giorni. Ciò significa – spiega Esposito, docente di Pediatria all’università di Parma – che una parte di positivi in Italia circola liberamente. Lo fa  perché non sa di essere positiva e un’altra parte esce di casa ancora positiva dopo la quarantena domiciliare di. 14 giorni, perché nessuno controlla che il tampone si sia negativizzato”.

Bisogna restare a casa

“Ritengo sia corretto invitare la popolazione a stare a casa, ma non basta. E‘ essenziale che ai contatti stretti di casi positivi sia effettuato il tampone per la ricerca di Covid-19, cosa che finora è avvenuta in una assoluta minoranza di situazioni”, suggerisce ancora la Waidid . “Medici, infermieri e operatori sanitari ogni giorno curano decine di malati Covid-19 positivi senza alcun tipo di controllo. Lo stesso – sottolinea Esposito – vale per i familiari di casi positivi che non presentano alcun sintomo, ma che in realtà possono essere infetti da. Covid-19 e continuare a contagiare. Inoltre, molto importante è rivedere, e continuamente aggiornare a seconda delle evidenze progressivamente disponibili, la modalità di trattamento, che ad oggi risulta essere differente tra un Centro e l’altro”.

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