Un Gps sull’auto aziendale ha rilevato che un dipendente della Coop Alleanza non utilizzava in modo adeguato i permessi previsti dalla legge 104 per assistere la madre. Il datore di lavoro lo ha dunque licenziato senza preavviso. Pochi giorni fa però, la giudice di Venezia Margherita Bertolaso ha ribaltato tutto predisponendo il reintegro e il risarcimento del dipendente.
Gps sull’auto per spiare il dipendente, poi il licenziamento in tronco
E’ accaduto nel giugno dello scorso anno. Un dipendente della Coop Alleanza con sede a Mestre richiede, nell’aprile del 2024, l’accesso ai permessi previsti dalla legge 104, in seguito a un peggioramento delle condizioni di salute della madre. Tuttavia l’azienda piazza un Gps sull’auto aziendale, per verificare che il lavoratore utilizzasse effettivamente i permessi per la madre. Da questo è venuto fuori che il 28 maggio, e il 4 e 5 giugno dello scorso anno, il dipendente usufruisce dei permessi per recarsi nella sua abitazione e non in quella della madre. A questo punto i vertici della Coop Alleanza gli notificano una lettera di contestazione, segnalando la mancanza di assistenza alla madre per quei tre giorni. Il datore di lavoro licenzia così il dipendente senza preavviso.
Reintegro e risarcimento per il dipendente: “accertamenti dell’azienda avvenuti in violazione della privacy”
L’impiegato ha impugnato il provvedimento stragiudiziale e nel dicembre 2024 ha richiesto il ricorso nella cancelleria del tribunale di Venezia, con l’assistenza dell’avvocato Dominga Graziani Tota. La giudice del lavoro Margherita Bertolaso ribalta lo scenario iniziale a difesa del dipendente, dimostrando l’illegittimità dei controlli fatti dall’azienda. I controlli effettuati con il Gps sull’auto aziendale risultano infatti “inutilizzabili” secondo il giudice. Questo perché l’incarico è stato conferito ad un’agenzia investigativa a poco più di un mese dall’accesso del lavoratore ai benefici previsti dalla legge 104, in assenza di una sua condotta atta a far sorgere il sospetto di un abuso dei permessi, prerogativa necessaria per avviare un controllo come questo secondo la legge. I controlli risultano inoltre inutilizzabili perché infrangano la dignità e riservatezza del lavoratore, e rappresentano una violazione della privacy. Il tribunale di Venezia ha infine accertato che il dipendente in realtà aveva utilizzato in modo legittimo i permessi. Infatti, nel corso di quei tre giorni, è emerso che l’uomo stava facendo dei lavori nella propria abitazione per migliorare la sicurezza della madre. La giudice Bertolaso ha stabilito il reintegro immediato del lavoratore, il pagamento di 7000 euro di spese legali da parte dell’azienda.