Avevano imposto tangenti alla pizzeria Di Matteo in via Decumani. Per questo motivo sono arrivate le condanne firmate a carico dei quattro presunti estorsori: 7 anni per Vincenzo Sibillo, 8 per Giosué Napolitano e 10 per Giovanni Ingenito e Giovanni Matteo. Le richieste non prevedevano soltanto soldi, ma anche la possibilità di mangiare pizze a sbafo per quelli del gruppo che controlla la zona dei Decumani.
I quattro giovani erano gli eredi della Paranza, erano, infatti, la componente di vertice del gruppo camorristico un tempo capeggiato da Emanuele Sibillo (ucciso dai Buonerba nel centro di Napoli, in via Oronzo Costa, nei pressi di Castel Capuano, dove si era recato per una “stesa”) e dal fratello Pasquale, arrestato dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli a Terni.
Secondo quanto emerso dalle indagini da due anni i titolari del locale erano costretti a versare ogni settimana somme di denaro agli emissari del clan.
La richiesta estorsiva, che era perpetuata da due anni, aumentava in occasione delle principali festività ed era funzionale, oltre che ad imporre la supremazia del clan sul territorio, a sostenere i detenuti affiliati al clan e le loro famiglie.
Il mandante è il padre del baby boss
Il mandante dell’estorsione alla pizzeria Di Matteo, nel centro storico di Napoli, è Vincenzo Sibillo, padre dei baby boss Emanuele e Pasquale. Il primo dei due è stato ucciso in un agguato quando aveva 19 anni, il 2 luglio 2015 nel corso della faida tra i Sibillo e Buonerba, per il controllo della zona del centro storico dei Decumani. Pasquale invece è stato arrestato un anno dopo a Terni dopo diversi mesi di latitanza nei quali ha continuato a gestire il clan. Il ‘pizzo’ era settimanale ma con l’avvicinarsi della Pasqua la cosca voleva più soldi. La notte del 25 febbraio scorso la saracinesca del locale è stata crivellata di colpi.