Dopo circa un secolo di storia e di tradizione, il futuro che attende il negozio Coppola Cameo Factory, situato a Napoli nel quartiere Vomero, è seriamente a rischio. La storica attività, divenuta nel corso degli anni sinonimo di classe e di eccellenza nella lavorazione dell’oro, dell’argento, dei cammei, dei coralli e di varie altre pietre dure, è stata costretta negli ultimi giorni a chiudere i battenti.
Si tratta di un’attività di maestria artigianale, portava avanti negli anni da quattro generazioni. Del resto, la fondazione dell’attività è da collocare agli inizi del ‘900 a Sorrento. Successivamente fece il suo ingresso a Napoli. Prima in via Chiatamone, accanto alla storica sede del quotidiano Il Mattino, sbarcando poi nel 1925 a Largo San Martino.
Dunque, alla luce della storia secolare di cui la famiglia Coppola si fa portatrice, è naturale immaginare come questo evento rappresenti una grande batosta per la ricchezza culturale e identitaria campana e soprattutto partenopea.
I fatti
La vicenda è iniziata circa 10 anni fa. Al marzo 2015 risalgono, infatti, i primi barbacani eretti a sostegno del muro di cinta del Castel Sant’Elmo e della Certosa. Al di sotto del quale giace il celebre Largo San Martino, dove sorge l’attività. Infatti da anni la zona sarebbe al centro di un importante progetto di riqualificazione. Allora fu infatti dichiarato lo sgombero dei locali retrostanti il muro. E in quella circostanza il parere tecnico dell’ingegnere prof. Renato Sparacio scongiurò qualunque possibile minaccia.
Ma da quel momento le amministrazioni locali e regionali si sono rivelate incapaci di adottare dei seri provvedimenti per mettere in sicurezza la zona. E ciò ha fatto sì che la struttura continuasse a versare in terribili condizioni di degrado. Infatti durante il primo semestre 2024 una pec della Regione Campania, ente proprietario dei locali, dichiarò lo sgombero. Ciò fu motivato sulla base di una supposta inagibilità dell’area. In quell’occasione tante furono le contestazioni dei periti di parte in merito alle dichiarazioni. Queste aprirono dunque un lungo periodo di dialogo con le istituzioni. Successivamente nel maggio 2024 arrivò un’ennesimo ‘ultimatum‘ dal palazzo di Santa Lucia. Questo intimava di lasciare quegli spazi entro un lasso di tempo pari a 6 mesi. Così ne scaturirono nuove polemiche da parte dei tecnici e dei proprietari dell’attività, che ancora non trovarono validi motivi per abbandonare la struttura.
La chiusura della bottega Coppola
Ecco che si arriva al mese di dicembre dello scorso anno. Dapprima è stato rinnovato nuovamente lo sgombero, ma stavolta per 14 mesi. In seguito la Protezione civile ha effettuato un sopralluogo, al termine del quale è stato consentito solo ed esclusivamente l’utilizzo del retrobottega. Dunque sembrava essere esclusa qualunque ipotesi di inagibilità dei locali. Ma poi lo scorso 2 gennaio sono state condotte ulteriori indagini nei locali circostanti a quello della bottega Coppola. E al termine di queste è stato ordinato l’abbandono “ad horas” dell’attività. Senza però alcuna garanzia sulla futura riapertura del negozio. Del resto “tale repentina e inspiegabile variazione ha colpito duramente la famiglia Coppola, che da quattro generazioni custodisce e tramanda la tradizione artigiana napoletana“. Questo è quanto si legge all’interno del comunicato diramato.
L’accorata lettera di appello della famiglia Coppola
Un primo campanello d’allarme che ha fatto luce sulla tragica notizia è provenuto dal Comitato San Martino, che da anni si batte per la tutela e la valorizzazione del quartiere Vomero. Infatti proprio l’associazione, diretta dalla presidenza di Franco Di Mauro, ha pubblicato un’accorata lettera di appello scritta di pugno dalla famiglia Coppola rivolta all’intera cittadinanza. “Egregi rappresentanti delle istituzioni, stimati giornalisti e cittadini, vi scriviamo per portare alla vostra attenzione una situazione di estrema gravità che riguarda il negozio storico Coppola, attivo dai primi anni del ‘900 e simbolo dell’artigianato napoletano nella lavorazione dei coralli e dei cammei“. Questo è quanto si apprende nell’introduzione dell’appello, scritto in un clima di particolare dolore e angoscia. Attraverso quest’istanza la famiglia ha tentato di attirare l’attenzione delle istituzioni competenti sulla complessità e sulla criticità della situazione.
Del resto la famiglia ha visto “infrangersi gli sforzi di oltre un secolo di lavoro“. E si vede inoltre negare il proprio futuro. Basti pensare, ad esempio, al giovane Dario Coppola, erede della secolare maestria artigianale della sua famiglia. Dario ha infatti più volte dichiarato di voler seguire le orme dei propri avi, mostrando sempre uno spiccato interesse verso uno dei simboli del patrimonio culturale napoletano per eccellenza, ossia la lavorazione dei coralli e dei cammei. Ma, alla luce di tali avvenimenti, il suo destino lavorativo è fortemente in crisi.
Le paure dell’intera comunità di corallari del borgo di San Martino
Dunque è evidente come le maggiori preoccupazioni della famiglia Coppola scaturiscano dal timore di non poter più alzare la saracinesca della bottega. Timori giustamente condivisi anche dai proprietari delle altre attività situate nel piazzale, sempre legate al settore dei coralli. Tra questi, figurano i negozi di proprietà delle famiglie Mandile e Corcione.
“Onestamente anche se non ho mai lavorato a stretto contatto con la famiglia Coppola, sono alquanto angosciato per il destino della loro bottega. Spero in una celere fine dei lavori di ristrutturazione dell’area e in una conseguente riapertura dell’attività. Mi auguro che le lettere inviate dal comitato di San Martino e dal suo presidente Franco di Mauro possano rappresentare un campanello d’allarme per la Regione. Con la speranza che si attivi al più presto per fronteggiare il tragico epilogo al quale sta andando incontro l’attività“, ha dichiarato il proprietario della Mandile Cameo Factory.
“Non conosco i tempi tecnici né tantomeno in cosa consista il reale lavoro di messa in sicurezza del muro di cinta, ma di sicuro la Coppola Cameo Factory rischia di rimanere chiusa per oltre un anno“, ha affermato Ciro, dipendente del negozio De Paola Cameo Factory, altro rinomato punto vendita di manufatti di coralli e cammei situato a mezzo chilometro di distanza dal piazzale di San Martino, ad angolo tra via Tito Angelini e vIA Annibale Caccavello. Già da queste parole si denota una scarsissima fiducia nelle istituzioni, ormai ben radicata da tempo negli animi dei cittadini vomeresi. “Alla luce di tutto questo – ha continuato Ciro – è necessario lottare, anche nel nostro piccolo, per difendere uno dei settori dell’artigianato più caratteristici del territorio napoletano“.
Le lotte del Comitato San Martino
Ma la battaglia del Comitato non si è fermata qui. Numerose sono state infatti le lettere inviate agli organi della Regione e del Comune di Napoli nel tentativo di salvare la piccola bottega.
“Chiediamo ad ognuno per le proprie competenze di attivarsi per scongiurare la possibilità di veder scomparire da San Martino un punto di riferimento, assolutamente non solo commerciale, ma soprattutto identitario e quindi culturale della città“. Con queste parole l’associazione ha cercato di sottolineare quanto la specificità del borgo di San Martino dipenda in gran parte dalla presenza dei negozi di corallo. Basti pensare ai consistenti flussi di turisti che si trovavano a passare da quelle parti negli ultimi anni e negli ultimi mesi. Infatti una delle tante opportunità di cui si poteva godere durante la visita di questo sito consisteva proprio nel fare uno shopping insolito, di cui solo questo luogo gode: il corallo e i suoi cammei.
“Le nostre prime lotte per la pedonalizzazione del Largo San Martino (per lungo tempo sotto sequestro della Magistratura nei primi anni ’90) le abbiamo fatte con loro. Così come quella per la riqualificazione della zona e della Pedamentina” ha proseguito l’appello del Comitato rivolto agli organi regionali, ricordando le grandi conquiste ottenute negli scorsi decenni, frutto di un grande impegno sociale. “Oggi abbracciamo la causa della famiglia Coppola, una tra le storiche dinastie artigiane del corallo, vittima anch’essa dell’incuria e dei ritardi che lo Stato ha esercitato per la messa in sicurezza del muro di cinta del Castello e che ha dato origine a chiusure, incertezze, perdite economiche” ha concluso il Comitato, rassicurando così la famiglia Coppola del fatto che in questa battaglia non è per niente sola.
Il presidente del Comitato Valori collinari Gennaro Capodanno
Ormai è innegabile che la chiusura di questa storica attività abbia rappresentato un duro colpo non solo per il patrimonio economico, ma anche culturale della città di Napoli. E in tanti si sono fatti avanti per dare spazio alla propria voce e per tutelare gli antichi costumi e le secolari eredità legati al capoluogo partenopeo. Infatti, accanto alle mobilitazioni dei comitati e delle associazioni, importanti sono state le battaglie condotte anche su iniziativa individuale. Tra questi, emerge la figura di Gennaro Capodanno, ingegnere chimico presidente del Comitato Valori Collinari e già presidente della circoscrizione Vomero negli anni ’80.
Le affermazioni del presidente Capodanno
Singolari sono state le parole pronunciate dal presidente, ponendo l’accento sulla criticità dello stato di degrado in cui versano i negozi di corallari ma in generale anche l’intero borgo di San Martino. Così, il presidente ha inteso condurre una vera e propria guerra contro la noncuranza e lo scarso interesse manifestato dalle istituzioni.
“Dieci anni fa, quando furono riscontrati dei primi segnali di dissesto del muro – ha dichiarato il presidente – si sperava che nel giro di un anno i lavori sarebbero terminati. Invece, il muro è stato semplicemente ‘abbellito’ con dei teli di plastica, senza mai avviare concretamente questi fantomatici lavori di manutenzione. Lavori che, per l’appunto, non hanno mai visto la luce. E non si dimentichino le scritte a caratteri cubitali che uscirono qualche mese fa in prima pagina sul quotidiano Il Mattino. Parole che annunciavano l’inizio dei lavori. Ci vorrebbe un miracolo di San Gennaro per far sì che prendano corpo” ha affermato il presidente con tono ironico.
“E’ veramente assurdo pensare che uno dei siti più belli della nostra città e forse dell’intera Campania, che vanta delle ricchezze ambientali e culturali ineguagliabili, soffre delle condizioni a dir poco drammatiche. Tra l’altro queste impalcature sono anche costituite da legni ormai completamente marci a causa degli agenti atmosferici. Ragion per cui possono rappresentare tra le altre cose un serio pericolo pubblico. E’ una vergogna“, ha asserito l’ingegnere.
Gennaro Capodanno riflette sull’importanza del polo culturale di San Martino
Inoltre, accanto a queste severe critiche, molto interessanti sono state anche le considerazioni espresse da Gennaro Capodanno in merito all’importanza del sito archeologico e culturale di San Martino. “Non è certo da sottovalutare – ha dichiarato il presidente – l’istituzione da parte dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di un polo autonomo, denominato ‘Musei Nazionali del Vomero‘. Questo, oltre alla villa Floridiana, dovrebbe comprendere anche i complessi museali caratteristici di San Martino, ossia la Certosa e il Castel Sant’Elmo. Ma nonostante ciò le amministrazioni regionali e comunali sembrano non prestare la benché minima attenzione alle riprovevoli condizioni in cui versa questo luogo”.
“Parliamo a mio avviso di uno dei posti più belli del mondo – ha continuato il presidente – che meriterebbe di figurare tra i beni patrimonio dell’Unesco. Basti pensare infatti che ha accolto alcuni dei volti più celebri del mondo dello spettacolo e della cultura, ma anche del mondo politico. Tra queste ricordiamo l’ex segretaria USA Hillary Clinton, le Regine d’Inghilterra e d’Olanda Elisabetta e Beatrice. Accanto a vari presidenti della Repubblica italiani, tra cui Ciampi, e di recente anche lo stesso Sergio Mattarella. Oppure ancora, pensiamo al giovane Agnelli, il quale, nel corso di una visita alla città partenopea nel 2008, affacciandosi dalla bifora del palazzo del castello rimase incantato alla vista del panorama“.
Le parole di Gennaro Capodanno sul caso della bottega Coppola
“Per quanto concerne invece il triste destino che è toccato alla bottega della famiglia Coppola, – ha proseguito il presidente – non è certo la prima volta che la Regione impone di liberare i locali sottostanti il muro di cinta. Anni fa, infatti, fu concesso il comodato d’uso alla Soprintendenza, che avrebbe convertito la destinazione di questi ambienti in uffici. Poi, tra una cosa e l’altra, si è riusciti ad evitare queste prime diffide. Ma, nonostante gli interventi del tecnico Sparacio risalenti al 2015, i tecnici della regione sono tornati, imponendo così lo sgombero definitivo dei locali. Tra l’altro sembrava che queste attività, legate alla realizzazione e al commercio dei coralli e dei cammei, stessero ritornando piuttosto in auge. Specialmente dopo gli anni del lockdown”.
“Inoltre – ha continuato Capodanno – non bisogna dimenticare anche che nel frattempo i loro contratti di locazione sono scaduti da tempo. Infatti queste botteghe versano ormai da anni alla Regione un canone di occupazione. Si tratta questa di un’altra grande assurdità, a mio avviso. Come si può lavorare in queste condizioni, senza nemmeno poter contare sulle garanzie di un contratto di locazione fisso?” si domanda il presidente con tono pungente.
La proposta del vincolo di destinazione d’uso e l’estraneità del Comune e delle Municipalità
“La soluzione secondo me più idonea ed efficace per far fronte a questa situazione potrebbe essere la stessa che abbiamo proposto in quanto comitato per quanto riguarda il cinema Metropolitan, ossia il vincolo di destinazione d’uso. In questo modo – ha spiegato il presidente – si potrebbe sottoporre al Ministero della Cultura una valutazione analitica circa la storicità e la tipicità dei locali in questione. Elementi che a mio avviso ci sono tutti. Basti pensare infatti alla storia millenaria connessa a questo settore dell’artigianato e a quanto sia connesso al nostro territorio”.
“Certo, non è detto che con queste misure queste stesse attività verranno riassegnate ai vecchi proprietari, ma per lo meno sulla base di questi parametri si potrebbe garantire una certa continuità della lavorazione dei coralli, senza che continui a subire pesanti scosse o che addirittura sparisca per sempre” ha dichiarato il presidente, facendo così leva sulla necessità di avanzare questa proposta al Ministero da parte del Comune e delle Municipalità. Organi che risultano essere del tutto estranei alla vicenda.
“Quel che mi meraviglia più di tutto – ha infatti continuato il presidente – è la totale assenza del Comune e degli organi delle Municipalità, anche rispetto al polo museale istituito dal Ministero della Cultura. Questa forma di astinenza che sta esprimendo anche lo stesso sindaco Manfredi è veramente agghiacciante. Del resto, grazie a questo importante progetto culturale, il Vomero potrebbe vantare il primato di essere l’unico quartiere ad avere un Museo autonomo. Oltre che la grande opportunità di gestire fondi, personale, ecc. Tutto questo allo stato dei fatti è caduto nel più totale dimenticatoio. Ci troviamo dinanzi a una situazione drammatica, di cui purtroppo si parla poco, se non per nulla. E se muore quella zona, muore di conseguenza qualunque possibilità di incrementare il turismo“.
Necessario un intervento delle istituzioni
“Io amo molto questa nostra città – ha continuato il presidente – ma purtroppo affermo con grande dolore che vantiamo un certo primato in Italia circa questi episodi di abbandono. In altre città questi fenomeni non esistono proprio, sono impensabili. Certo, significative sono state le iniziative promosse dai singoli cittadini. Tra queste ricordiamo ad esempio la petizione che ho indetto sulla piattaforma change.org e le tante proposte di flash mob nel piazzale di San Martino. Ad oggi, sono riuscito a raccogliere 200 firme, numero ancora piuttosto esiguo ma comunque importante. E sono molto contento in generale di vedere quanto i cittadini stiano prendendo a cuore la vicenda. Probabilmente perché incalzati dalla forza dei tanti comitati e associazioni.
“Ma – ha puntualizzato il presidente – volendo dirla alla latina, ‘alea iacta est’, ‘il dado è tratto’. I battenti del negozio Coppola hanno chiuso: questo è il dato di fatto di fronte al quale ci troviamo. Io sono un ingegnere, per cui mi piace essere pragmatico. Petizioni e flash mob da soli non bastano, sono del tutto aleatori. Se i cittadini non sono affiancati dalla forza delle istituzioni, e mi riferisco a quelle comunali e delle Municipalità, la battaglia sarà molto difficile. Finché queste ultime non presenteranno al Ministero della Cultura la proposta del vincolo di destinazione d’uso, non si va da nessuna parte“.