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martedì, Dicembre 3, 2024
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Omicidio del boss Reale, cancellati 4 ergastoli al clan D’Amico

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Quattro ergastoli cancellati. Dal carcere a vita a 20 anni di reclusione. Questa la clamorosa decisione della Corte d’Assise d’appello di Napoli per boss e ras del clan D’Amico imputati per l’omicidio del boss Patrizio Reale detto Patriziotto. Venti anni di reclusione per Salvatore D’Amico (difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Sergio Lino Morra), Ciro Ciriello (difeso dall’avvocato Domenico Dello Iacono), Armando Di Maio (difeso dall’avvocato Giuseppe Perfetto), Luigi D’Amico (difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Salvatore Impradice): i quattro, a cui sono state riconosciute le generiche equivalenti, avevano incassato in primo grado l’ergastolo ma durante le udienze precedenti avevano ammesso le proprie responsabilità. Il collaboratore di giustizia Umberto D’Amico ‘o lion passa invece da 12 a 10 anni.

Il grande accusatore

Dall’inchiesta era già uscito Gennaro D’Amico mentre il grande accusatore del gruppo di via Villa San Giovanni mentre il genero di Salvatore D’Amico, Gesualdo Sartori, si era invece già visto annullare l’ordinanza di custodia cautelare. Secondo la ricostruzione di ‘o lion e di quella di altri collaboratori di giustizia i ‘Gennarella’ (soprannome con cui vengono identificati i D’Amico di San Giovanni a Teduccio) penetrarono nel cortile di un palazzo sicuri di trovare ‘Patriziotto’ che fu colpito a morte mentre un altro affiliato che era in sua compagnia, Giovanni Nocerino, rimase ferito. Un omicidio che rappresentò uno dei momenti più cruenti della lunga guerra tra i due schieramenti, nemici da sempre.

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Il racconto della ‘staffetta’ dei D’Amico

D’Amico ha raccontato ai magistrati come andò quel giorno e chi erano i componenti del commando spiegando che in quell’occasione ebbe il ruolo di ‘staffetta’: «Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, mio zio Salvatore, e mio zio Gennaro. Esecutori materiale Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta come me. A sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata abbascia a Marina, dove sta Porto Fiorito. Era una 38 speciale lo ero sulla mia macchina Classe B dorata insieme a Ciriello Ciro. Gesualdo e Armando erano su uno scooter, SH nero rubato. Gesualdo alla guida e Armando dietro. A sparare è stato Armando. Il motorino Io hanno bruciato Armando e Gennaro. La pistola l’ho buttata io. Per quanto riguarda la decisione, eravamo a tavola a casa di mio zio Gennaro, io, i miei zii Salvatore e Gennaro. Improta Gennaro, mio padre, Sartori. Avevamo saputo che Patrizio Reale ci voleva uccidere e che spacciava in casa. Con la scusa di comprare l’erba avevamo deciso di ucciderlo in casa. Mandammo Sartori a comprare la droga e lui gli apriva. Dopo tre o quattro volte, abbiamo mandato Gesualdo Sartori con Armando De Maio per l’omicidio. Siamo arrivati presso l’abitazione di Patrizio Reale, sotto la quale c’è un circoletto all’interno dì un cancello. Io e Ciriello ci siamo fermati fuori. Gesualdo e Armando sono entrati, hanno sparato e sono taciti. Lo li abbiamo aspettati e li abbiamo seguiti fino a Pontecitra dove abita Armando. Abbiamo deciso di mandare Armando De Maio perché venendo da fuori era più facile che non fosse preso dalla Polizia».

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