Lo ha perdonato, e adesso ha deciso di prendersi cura di lui e della famiglia. Antonio era membro del clan di giovani criminali che uccise nel 2009 a Napoli la guardia giurata Gaetano Montanino. Ma Lucia Di Mauro, rimasta ormai vedova del marito, ha trovato la forza di andare avanti, non limitandosi soltanto a perdonare l’aggressore. Ha fatto, infatti, molto di più.
La vicenda
Era una calda sera d’agosto, quella del 4 agosto 2009. Antonio – allora diciassettenne – si trovava in Piazza Mercato con alcuni amici di poco più grandi di lui. Il loro intento era quello di portare a segno una rapina. Fu così che tentarono di assalire Gaetano – che quella sera era di turno. Lo affrontarono sottraendogli la pistola. Ma la guardia ebbe la peggio: nonostante abbia cercato di reagire, è stato raggiunto prima che potesse muovere anche solo un muscolo da un proiettile, uccidendolo sul colpo.
Lucia ha perdonato Antonio: “Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo“
Da quella notte, sono passati sedici anni. “Amavo tantissimo mio marito – ha commentato a caldo la vedova Montanino – ma sapere che dal sangue di Gaetano sta nascendo qualcosa di buono mi dà sollievo. Penso sia un miracolo“.
Antonio è stato infatti condannato a 22 anni di carcere, e ha avuto due figli. Una volta pentitosi, ha cercato più volte di avere un confronto con la donna cui aveva strappato il marito. Lucia ha negato qualunque possibilità di dialogo per anni. L’occasione si è presentata solo qualche mese fa, quando i due si sono incontrati durante una marcia dell’associazione Libera. “Era sul palco, tremava, piangeva. Antonio mi ha abbracciata, chiedeva perdono. Mi sentii di stringerlo, di accarezzarlo“, ha spiegato Lucia.
“Antonio è la prova vivente che anche chi ha commesso errori gravissimi può scoprire la propria umanità“
E’ da allora che lei ha deciso di accompagnare con mano Antonio durante tutto il suo percorso di riscatto. Lui lavora infatti all’interno di un bene confiscato alla camorra intitolato proprio in onore di Gaetano Montanino. E di lei parla come “il suo angelo custode“.
“Ogni ragazzo che sbaglia, ogni giovane che cade, può rinascere se qualcuno crede in lui – ha osservato Lucia a San Pietro, al Giubileo della consolazione, alla veglia di preghiera con il Papa, tenutasi lo scorso lunedì – se qualcuno gli tende la mano, se qualcuno lo accompagna davvero. Antonio è la prova vivente che anche chi ha commesso errori gravissimi può scoprire la propria umanità, può chiedere perdono, può costruire un futuro diverso. Aiutare i ragazzi carcerati a cambiare mentalità significa interrompere la catena della violenza, dare senso al dolore, restituire vita. E se ognuno di noi facesse anche solo un piccolo gesto, la vita, anche nelle ferite più profonde, potrebbe vincere“.

