Per tre anni una ragazzina è stata costretta dalla madre a compiere atti di autoerotismo davanti a una webcam o inviare centinaia di foto senza veli ad un uomo, che la controllava a distanza tramite due app installate sul cellulare.
Una storia di abusi e manipolazione
Una donna di Lecce è stata condannata a 13 anni di reclusione e alla decadenza della responsabilità genitoriale, mentre il suo complice, un uomo di Milano, a 12 anni, per aver costretto la figlia minorenne della donna a subire abusi sessuali online. Secondo l’accusa, per tre anni la madre avrebbe costretto la figlia, all’epoca minorenne, a compiere atti sessuali davanti a una webcam e a inviare foto intime a un uomo conosciuto sui social. Per assicurarsi l’obbedienza della figlia, la donna avrebbe ricorso a metodi violenti, come tagliare i capelli o i vestiti della ragazza, e a minacce. Il padre della vittima, costituitosi parte civile, ha denunciato i due, sconvolto da quanto stava accadendo alla figlia. Le indagini hanno rivelato un quadro inquietante: l’uomo di Milano, attraverso apposite app spia, controllava ogni movimento della ragazza, ascoltava le sue conversazioni e la costringeva a incontri sessuali virtuali anche più volte al giorno.
La condanna per sesso online
Il giudice, accogliendo le richieste dell’accusa, ha condannato entrambi gli imputati per i reati di pornografia minorile, tentata violenza sessuale e stalking. La donna è stata inoltre giudicata colpevole di maltrattamenti in famiglia. Questo caso, oltre a suscitare profondo sdegno, pone l’accento sull’importanza di tutelare i minori da ogni forma di abuso, anche in ambito virtuale. La diffusione di internet e dei social network, se da un lato offre innumerevoli opportunità, dall’altro espone i più giovani a rischi e pericoli che è fondamentale saper riconoscere e contrastare. Il sesso online con minori resta un problema concreto.