«Sono contenta di sapere che se ci si muove in massa, com’è successo dopo la mia segnalazione, le cose possono cambiare e si possono ottenere risultati». Sono le parole al Corriere della Sera di Federica, un’infermiera toscana di 35 anni e la donna che per prima ha denunciato il gruppo Facebook “Mia Moglie”, recentemente al centro di una discussione accesa sulla stampa nazionale (e non solo), nel quale venivano pubblicate foto più o meno esplicite delle proprie compagne, chiedendo agli altri utenti di commentare, dare voti o ricambiare.
Tutto è partito da alcuni scatti visti per caso da Federica e che l’hanno spinta ad approfondire la questione. Ma non si sarebbe mai aspettata che esplodesse in questo modo. Chiarisce, comunque: «Al centro dev’esserci il problema, non io. Non cerco visibilità».
La prima risposta di Facebook
La foto del seno di una donna e la richiesta di commentare: «Che ne pensate?». Un singolo fiocco di neve che si è presto trasformato in una vera e propria valanga. Federica ha cliccato sul gruppo e si è resa conto di cosa stava accadendo e del fatto che nella maggior parte dei casi si trattasse di scatti intimi, pubblicati senza il consenso della diretta interessata. Così ha scritto a Facebook. Ma nulla da fare. Così ha chiesto ad alcune amiche di inviare altre segnalazioni e una di loro le ha detto di averlo già fatto e di aver anche ricevuto una risposta: «Non c’era nessuna violazione delle loro linee guida, dicevano». A quel punto si è rivolta alla Polizia postale, ancora una volta senza successo. Infine alla scrittrice Carolina Capria: il giorno dopo è esploso il caso.
Ma Federica non si aspettava questa reazione: «Di solito su questi argomenti è difficile sfondare il muro dell’omertà. Si tende a sminuire tutto, a far passare la teoria che è solo un gioco innocente, come ho letto che dicono alcuni degli uomini scoperti dalle loro mogli». Ma non è così. Sono segnali che non vanno ignorati, situazioni in cui è evidente la mancanza di consenso. Inizialmente, però, chi ha lottato perché il gruppo venisse chiuso, compresa Capria, si è ritrovato ad avere a che fare con insulti via social: «Questo la dice lunga su quanta strada c’è ancora da fare in questo Paese su questi argomenti».
«Sono da sempre sensibile alle questioni della violenza di genere. Che sensibilità è se poi puoi fare qualcosa e non la fai?», ha detto Francesca. Fortunatamente, qualcuno ha fatto il primo passo, in questo caso. Si può solo sperare non sia la sola ad alzare la voce e combattere l’ingiustizia.