Paolo Sorrentino scrive l’epica di Napoli con Parthenope, sovrapponendo nel film la mitologia e il corpo di una giovane donna. Il regista torna a mostrare la sua città attraverso il girovagare della protagonista, Celeste Della Porta, che accompagna lo spettatore nei suoi tanti anfratti; passando dalla natìa casa lussuosa in riva al mare al degrado dei bassi egemonizzati dalla camorra.
Lo spettatore insieme a Parthenope vive parte della storia di Napoli dagli anni ’50 ad oggi. Questa struttura narrativa ricorda La Meglio Gioventù, infatti, anche nel film di Marco Tullio Giordano le vicende dei tre amici attraversano la storia d’Italia dagli anni ’60 alla primavera del 2003.
Parthenope, una recensione
Parthenope è partorita in acqua e battezzata da Achille Lauro, sindaco e armatore dell’omonima flotta. Famoso il suo metodo di compravendita elettorale: regalava una scarpa prima del voto e l’altra dopo la vittoria. La protagonista non è solo incantevole ma è anche una furbacchiona, come viene definita dallo stesso anziano Comandante al fronte dell’evasa proposta-provocazione di matrimonio: “Hai sempre la risposta pronta“.
Ménage a trois, una colpa in seno alla famiglia
Parthenope ammalia fin dalle sue prime ore di vita i due giovani protagonisti, l’amico di famiglia Sandrino, interpretato da Dario Aita, e il fratello Raimondo, personificato da Daniele Rienzo. La ragazza alimenta, così, un ménage a trois incestuoso che culminerà con il suicidio del fragile amante. Questo avvenimento segnerà la vita della ragazza, trauma che proverà a esorcizzare anche nella sua carriera accademica. Fondamentale il suo professore Devoto Marotta, interpretato da Silvio Orlando, portatore di una vis ironica e cinica, che le suggerirà la carriera universitaria in antropologia.
L‘amour fou di Sorrentino riprende le atmosfere del film The Dremers di Bernardo Bertolucci. Diversamente, il regista napoletano innesta nella sua storia anche i sensi di colpa di Parthenope, frutto del lutto familiare. Ne sono testimonianza il padre che le chiede un nipote, la madre che la incolpa, mentre l’amico-amante lascia Napoli per sfuggire ai dolorosi ricordi.
“Silenzio, nei più belli è mistero, nei brutti è fallimento”
I tre giovani, prima della tragedia, trascorrono le vacanze a Capri. E’ qui che Parthenope incontrerà uno dei suoi autori preferiti John Cheever. L’estenuato e alcolizzato scrittore americano, interpretato da Gary Oldman, è sin da subito desiderato dalla protagonista. Tuttavia, a malincuore, l’autore le destina una frase laconica: “Silenzio, nei più belli è mistero, nei brutti è fallimento“.
La seduzione del cinema
La bellezza, appena maggiorenne, di Parthenope dirompe progressivamente: viene per questo notata dal mondo del cinema, entrando in contatto con due attrici. La sfigurata Flora Malva, interpretata da Isabella Ferrari, e la capricciosa star Greta Cool, incarnata da Luisa Ranieri. Entrambe rappresentano un mondo tratteggiato d’infelicità, riempito dai rimpianti per la bellezza giovanile perduta. Le due dive rappresentano l’espediente narrativo di Sorrentino per una riflessione metacinematografica sul ruolo della donna.
Un’odalisca coperta dai gioielli di San Gennaro
La sessualità di Parthenope dilaga fin dentro il Duomo di Napoli, nel quale incontra il demoniaco vescovo Tesorone. Il personaggio, portato in scena da Peppe Lanzetta, è custode del tesoro e della miracolosa ampolla contenente il sangue di San Gennaro. I due si seducono. Lei smette i panni della ricercatrice e lui toglie la porpora: la prima si tramuta in un’odalisca, resa tintinnante dai gioielli del Santo, il secondo espone una lussuria da satrapo.
Il film prosegue con i soddisfacenti risultati accademici di Parthenope che si concretizzano con il trasferimento a Trento. Prima della partenza, però, c’è il concedo dall’amato Marotta: in quest’occasione alla protagonista viene presentato il figlio del professore, deformato dall’acqua e dal sale. Nel giovane, l’ormai donna, si specchia come portatori di due istanze, sebbene diverse, unite dall’origine: la sequenza potrebbe rimandare al mostro marino del finale della Dolce Vita di Federico Fellini.
Parthenope parte per tornare
L’anziana Parthenope viene, infine, interpretata da Stefania Sandrelli, probabilmente un tributo di Sorrentino alla carriera iconica dell’attrice, emersa negli anni 60 con Io la conoscevo bene, del regista Antonio Pietrangeli. Ormai insegnante in pensione, la donna torna a Napoli nel 2023: proprio sul Lungomare viene sorpresa dal passaggio dalla famosa nave che invase gli schermi di tutta Italia in occasione dei festeggiamenti per lo Scudetto del Napoli. Probabilmente la sequenza finale è un altro omaggio all’Amarcord di Fellini.
L’estetica di Parthenope
Sorrentino sembra riprendere alcune scelte estetiche de La Grande Bellezza, de Il Divo e de L’Amico di Famiglia. Soprattutto dal film premiato all’Academy il regista recupera quei movimenti di macchina che spiano le feste e il girovagare notturno della protagonista tra le strade. Così come l’immancabile sigaretta, sempre accesa, alla Jep Gambardella.
Invece, degli altri film girati con il direttore della fotografia Luca Bigazzi, il regista napoletano si porta quell’uso delle ombre che scandiscono l’oppressione dell’ambiente curiale e delle dinamiche Kammerspiel.
Era già tutto previsto
Sorrentino si conferma ancora una volta molto attento alla colonna sonora dei suoi film. Sicuramente centrale è Era già tutto previsto. La canzone di Riccardo Cocciante diventa intercalare della vicenda filmica, che la scandisce nell’ineluttabile abbandono dell’amata-odiata Napoli e nell’indicibile sensualità promiscua di Parthenope. A dare una nuance malinconica all’intera pellicola c’è Warmth, brano di musica classica contemporanea.
Il regista napoletano continua a dividere la critica e gli spettatori in una polemica indistintamente caotica, nella quale ognuno attende di guardare sullo schermo la propria Napoli. All’uscita della sala un mio amico, giovane regista, ha così commentato: “Sorrentino è il nostro Scorsese, ha fatto per Napoli ciò che Martin ha fatto per New York“.