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Pizzo per i Casalesi, condanne per 35 anni di carcere: c’è anche un imputato di Giugliano

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Condanne per un totale di 35 anni di carcere a carico di 7 imputati. Il Gup del tribunale di Napoli dott. Battinieri ha emanato la sentenza al gruppi coinvolto nell’aprile del 2019 in un blitz anticamorra. Le accuse, a vario titolo, sono quelle di estorsione e tentata estorsione continuata in concorso, aggravati dall’aver agito con metodo mafioso.  Alla sbarra
Cantone Raffaele di Lusciano condannato 2 anni e € 900, pena sospesa; D’Aniello Giacomo anni 4 di reclusione ed euro 600 di multa; De Simone Carlodi Aversa a 4 anni e 8 mesi di reclusione ed euro 1000 di multa; Improta Bruno di Lusciano 7 anni e 4 mesi  di reclusione ed euro 4400 di multa;  Parola Francesco di San Cipriano ha incassato 3 anni di reclusione e euro 800 multa; Tessitore Giuseppe di Aversa 6 anni di reclusione ed euro 1200 multa; a Vitiello Bartolomeo di Giugliano 6 anni di reclusione ed euro 800 multa.

Collegio difensivo: avvocati Filippo Trofino, Giuseppe Stellato, Pasquale Davide De Marco, Luigi Poziello, Marta Esposito, Carmine D’Aniello, Giovanni Cantelli, Domenico Della Gatta.

I fatti

Avevano preteso anche pranzi e cene, arrivando anche a chiedere quindicimila euro (per poi ridimensionarsi) per pizzo. Le indagini si avvalsero di intercettazioni telefoniche e ambientali oltre che di pedinamenti, permettendo ai militari, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e, con riferimento alla posizione del minore, dalla Procura dei Minori della città partenopea, di individuare e documentare le attività criminali del clan.

Un risultato raggiunto anche grazie alla collaborazione prestata agli investigatori da molte delle vittime. Alcuni di essi, si presentavano, nel periodo anteriore alle festività natalizie dello scorso anno, al cospetto di imprenditori, in special modo ristoratori e pizzaioli, ma anche un fabbro e un titolare di una ditta di trasporti, con sede tra Aversa, Lusciano e Parete, cercando di mettere a segno estorsioni, riuscendovi in alcuni casi, avvalendosi della forza d’intimidazione delle diverse fazioni del clan dei Casalesi, ma, soprattutto, facendo ricorso al nome di  “o’ mister”, ossia a Giacomino D’Aniello che, a detta degli estorsori, li avrebbe inviati a chiedere il denaro per assicurare il buon Natale ai carcerati e alle loro famiglie e lo stipendio ai “guagliuni”. Proprio quest’ultimo, insieme a Giacomo Buonpane, infatti, una volta usciti dal carcere erano diventati punti di riferimento per pesci piccoli e nuove leve che non solo li ossequiavano ma potrebbero anche aver consegnato loro parte del ricavato dell’attività estorsiva.

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Una decina i casi accertati andati a buon fine. In almeno due o tre casi si sono presentati in alcuni locali ed avrebbero preteso di pranzare o cenare gratis, senza pagare il conto, in altri casi soldi, ma la richiesta iniziale di quindicimila euro si è sempre ridimensionata. Da sottolineare che, avendo i carabinieri la banda sotto controllo, dopo le richieste estorsive convocavano le vittime che, di fatto, attraverso dichiarazioni spontanee, confermavano i fatti e sentendo vicino i militari trovavano la forza di non cedere alle richieste estorsive.

 

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