È una sfilza di sconti quella stabilita ieri pomeriggio dalla Corte d’Appello di Napoli chiamata a pronunciarsi su ras e gregari del clan Sibillo finito sotto scacco della Procura nel maxi blitz di tre anni fa. Rispetto al primo grado consistenti sono state le rideterminazioni. Tra queste quelle di Vincenzo Caliano che, difeso dall’avvocato Rocco Maria Spina, è stato condannato a quattro anni e quattro mesi rispetto agli undici del primo grado.
Tra le altre condanne vi sono quella per il ras Giovanni Matteo, cugino dei fratelli Sibillo che, difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese, ha rimediato quattro anni e otto mesi rispetto ai sette del primo grado; avvocato Procentese che incassa anche la riduzione per Giosuè Napolitano che passa dai sette e sei mesi ai 17 del primo grado. Sempre il penalista difende a Annunziata Ingenito: per lei tre anni e quattro mesi, Giuseppe Gambardella, 3 anni e 8 mesi; Giovanni Ingenito, 2 anni e 4 mesi; Antonio Iodice o chiuov 5 anni e 6 mesi; Assunta Manzo 4 anni e quattro mesi, Carmine Motti 10 anni, Emanuele Irollo 8 anni, Gaetano Portanova 2 anni e otto mesi, Pietro Perez tre anni e quattro mesi, dieci anni per Maria Sabatelli mentre undici anni per Alberto Volpe.
L’estorsione alla pizzeria
Tra gli episodi più emblematici ricostruiti dalla Procura l’estorsione alla pizzeria Vesi. E’ Pasqua 2019 quando una persona impiegata nella pizzeria viene avvicinata dalla Sabatelli che, senza troppe parole, gli dice di dover consegnare 500 euro per i carcerati del clan Sibillo.
Circostanza confermata anche da sommarie informazioni raccolte dalle forze dell’ordine tra i lavoratori: «Ricordo che era aprile 2019, mi contattava (…..) per riferirmi che uno dei nostri dipendenti era stato avvicinato da qualcuno della criminalità organizzata del posto perché facesse da tramite per una richiesta estorsiva. Ricordo esattamente le parole di (….) che, usando dei sottintesi, mi diceva: “I nostri amici sono venuti a cercarci un pensiero, dobbiamo farli un regalo di pasqua. Facciamo 500 euro”. Immediatamente capivo che si trattava di una richiesta di matrice camorristica e, al fine di non esporre me e il mio personale a rappresaglie, autorizzavo immediatamente a pagare quanto richiesto dagli estorsori».
La richiesta in realtà era stata avanzata dalla stessa Sabatelli come si evince da una conversazione intercettata dalla Sabatelli con la suocera, Nunzia Ingenito: in quest’ultima si capisce che l’estorsione gli era stata commissionata dal carcere dal marito, Giovanni Matteo, cugino dei fratelli Sibillo.
L’imbasciata dal ‘carcere’
A parlare è la Sabatelli che, senza giri di parole, dice all’altra donna:«Nunziatina, questa è una cosa che mi ha detto di fare tuo figlio perchè altrimenti chi andava. Gliel’ho detto a Gianni, gliel’ho detto e lui ha detto vai da (….)». La consegna del denaro sarà immortalata dai carabinieri grazie ad una videocamera piazzata nel cortile dove si trova l’abitazione dell’indagata. Un quadro a tinte fosche, di malaffare e prepotenza.