Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Michele Orefice e il figlio Luigi dopo il nuovo arresto con l’accusa di estorsione. I due non hanno proferito parola durante l’interrogatorio di garanzia svoltosi dinnanzi al gip. I due presunti aguzzini, come gli altri quattro indagati (Pasquale Pezzullo, Salvatore Attanasio Carlo Vitale e Domenico D’Andò), non hanno neanche rilasciato dichiarazioni spontanee. Toccherà ai loro legali Leopoldo Perone e Antonio Rizzo studiare una strategia in occasione del ricorso al Riesame. Nel mirino dei due ras sarebbe finito il titolare di un bar di Frattamaggiore a cui era stata chiesta la ‘tassa della tranquillità’ a Natale, Pasqua e Ferragosto. Le estorsioni sarebbero iniziate nel 2011. Fino a qualche mese fa quando il commerciante avrebbe deciso di porre fine alle angherie con gli agenti della squadra mobile che hanno ricostruito quanto accaduto negli anni. L’uomo sarebbe stato pesantemente minacciato dai due Orefice:«Mi devi dare 2mila euro per tre volte l’anno». In un’occasione il rampollo Luigi si sarebbe presentato al bar pretendendo una tangente da 500 euro.
Il raid a Sant’Antimo
Gli Orefice erano stati già arrestati un mese fa per una clamorosa azione di fuoco dello scorso maggio deliberata ed eseguita come reazione a una presunta relazione sentimentale intrapresa dal tiktoker Luca Di Stefano con una donna, che in precedenza sarebbe stata legata allo stesso Orefice senior. Nei confronti dei tre arrestati (insieme a Luigi Orefice e Michele Orefice vi era anche Pietro D’Angelo) il gip del tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia, aveva emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di tentato omicidio, detenzione e porto di arma, tutti aggravati dal metodo mafioso, e di ricettazione.
Raid nella ristopescheria a Sant’Antimo: una questione amorosa dietro gli spari a Di Stefano
Una relazione passata non gradita al boss dietro gli spari a Luca Di Stefano, titolare della ristopescheria di Sant’Antimo ‘Il sole di notte’. Un semplice sospetto di una ripresa di quel legame causa scatenante di una spedizione punitiva in piena regola. Il famoso pescivendolo tiktoker fu centrato di striscio il mese scorso da colpi di arma da fuoco quando due uomini, pistole alla mano, entrarono nel suo locale esplodendogli contro alcuni colpi. A distanza di un mese i presunti autori hanno un nome e cognome, si tratta di Luigi Orefice, figlio del boss Michele dell’omonimo gruppo federato ai Pezzella, e Pietro D’Angelo indicato come esecutore materiale del raid. Nelle circa 40 pagine emerge l’incredibile retroscena dietro il raid: Michele Orefice, padre di Luigi, da tempo in una relazione con una donna avrebbe saputo dal figlio che quest’ultima continuava ad avere contatti con il suo ex fidanzato, Luca Di Stefano, cosa che scatenava la sua ira al punto da interrompere immediatamente la relazione extra coniugale con la donna in questione. Inoltre, programmava un’efferata azione punitiva nei confronti della donna e del suo presunto amante per vendicare l’affronto subito con metodi da “boss”.
Significativo il passaggio con cui il boss demanda al figlio il ‘lavoro’: la frase più eclatante è riferita alla brutalità dell’azione da compiere ai danni dell’uomo, che deve essere molto cruenta dicendo testualmente al figlio: “Luigi fernut!”, tipica espressione criminale dialettale con la quale si lascia intendere che l’azione deve essere portata a termine con inaudita ferocia.