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Racket sugli ospedali, i Cimmino rischiano la stangata

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Il rischio mazzata è dietro l’angolo per gli ultimi ras del clan Cimmino e per gli imprenditori ritenuti dalla Procura in affari con la cosca della zona collinare di Napoli. Nei giorni scorsi il pubblico ministero della Dda ha invocato otto condanne nel corso della requisitoria nel processo di primo grado per gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il dibattimento. La Procura ha invocato otto condanne e l’assoluzione per Antonio Teghemiè (marito di Maria Licciardi), Massimiliano De Cicco e Luigi Trombetta. Chi rischia maggiormente è il ras Alessandro Desio, chiesti per lui 14 anni, 11 anni Abramo Maione, 11 anni e sei mesi per Salvatore Zampini, 7 anni Simone Paolino, 10 anni Marco Salvati, 7 anni e sei mesi Gennaro Stefanelli, 2 anni Guido Galano e Anna Di Pipolo. Tra i personaggi più noti proprio Salvati, titolare di una società di ambulanze ‘Croce San Pio’, il quale è accusato di versare parte dei proventi della sua attività per il sostegno dei carcerati del clan Cimmino-Caiazzo-Basile, egemone al Vomero-Arenella. Inoltre proprio grazie al clan avrebbe esercitato in modo dominante e monopolistica presso gli ospedali collinari di Napoli l’attività di trasporto di malati. Salvati era già finito in precedenti inchieste della magistratura. Nel 2005  finì in un’inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli. Al tempo Salvati gestiva la Croce Cangiani ed era accusato di far parte di un sistema di racket delle ambulanze private. Fu condannato a 6 anni con pena definitiva e interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di illecita concorrenza con minacce, ricettazione e lesione personale con l’aggravante del metodo mafioso. Con il passare degli anni Salvati ha dato vita alla Croce San Pio, associazione che non ha convenzioni con il pubblico ma che si occupa del trasporto privato dei malati.

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