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giovedì, Marzo 28, 2024
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Ruoli, agguati e omicidi: il pentito vuota il sacco e svela i ‘segreti’ degli Abbinante

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Un fiume in piena. Di date, ruoli, mansioni degli Abbinante del Monterosa. A guidare i magistrati nel viaggio interno alla mala di Scampia e Secondigliano Luigi Rignante, il figlio di un medico divenuto camorrista prima della scelta di divenire collaboratore di giustizia. Rignante, dopo aver appreso della condanna a morte del clan nei suoi confronti, ha deciso di voltare le spalle al suo gruppo e di passare dalla parte dello Stato svelando tutti i segreti e, soprattutto, l’organigramma di uno dei clan più longevi dell’area nord. Un ‘viaggio’  senza ritorno nel gruppo che da sempre rappresenta l’alfa e l’omega degli affari criminali del rione Monterosa. Rignante ha raccontato ai magistrati gli ultimi anni di vita del clan svelando i ruoli che i nipoti e i figli dei capoclan hanno assunto non mancando di precisare che non sono mancate le tensioni e le frizioni tra i diversi componenti del gruppo.

Rignante esordisce chiarendo le posizioni di vertice del gruppo:« La gestione era di Arcangelo Abbinante (di Guido) e Salvatore Morriale faceva parte del gruppo Esposito (Antonio, figlio di Giovanni ‘o muorto). Gestiva, con quest’ultimo e con i fratelli di quest’ultimo (Guido Esposito e Francesco Esposito) e con Vincenzo De Luca, la piazza di crack. Morriale vendeva anche con il metodo “del privato”, con Filippo Diana (in sede di rilettura preciso che “a privato” vendeva eroina, e per questo fu arrestato, perché trovato in possesso di alcune dosi di eroina) Poi venne arrestato, e per un poco non l’ho visto, fin quando non “usci ai domiciliari”. Ai domiciliari, si è rimesso a vendere la droga (crack) con Antonio Esposito: Esposito e De Luca gli portavano la cocaina “cucinata” e lui — che aveva tempo proprio perché stava ai domiciliari — faceva le dosi. Quando è tornato libero, il Morriale è diventato, nel clan, un esponente di primo piano del clan (omissis)».

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L’articolo precedente: la gestione degli Abbinante dopo l’uscita del boss Antonio

La scarcerazione di Antonio Abbinante ha cambiato la ‘geografia’ criminale dell’area nord di Napoli. Dando ulteriore slancio al clan del Monterosa che veniva da anni bui e di affari ridotti. A riverlarlo il collaboratore di giustizia Luigi Rignante, ossia colui condannato a morte dal clan per aver avuto una relazione extraconiugale con la moglie di un affiliato (leggi qui l’articolo). Rignante, nei verbali anticipati da Luigi Nicolosi per Il Roma, ha parlato delle diverse fasi di gestione del clan spiegando come vi sia stato un cambio radicale dalla reggenza di Arcangelo Abbinante, figlio di Guido, a quella dello zio Antonio una volta che questi è stato scarcerato. Rignante si è concentrato in particolare anche sui rapporti con gli altri gruppi criminali spiegando che nei mesi precedenti gli Abbinante hanno subito un ‘colpo d’immagine’, situazione poi rientrata con la scarcerazione del capoclan che «ha rimesso a posto tutte le cose». Rignante ha poi parlato anche dell’omicidio di Vincenzo De Luca ‘Tatarella’ avvenuto nel febbraio 2021 confermando che quell’omicidio è maturato all’interno dello stesso clan Abbinante (leggi qui l’articolo).

I verbali del pentito degli Abbinante

«La gestione di Arcangelo (figlio di Guido) era un poco “incasinata”, non è una persona pratica. Ha sempre vissuto dietro una traversa di Qualiano, non era capace di gestire gli affari del clan. La famiglia Abbinante veniva “screditata” dalle “brutte figure” di Arcangelo (ad esempio: se rubavano un motorino nel “Monte Rosa”, Arcangelo dava ragione ai ladri e la cosa finiva là). Arcangelo era affiancato da suo fratello Francesco e Dario De Felice. Secondo quello che mi diceva De Luca, tutti si lamentavano di Arcangelo. DE FELICE era ristretto da obblighi, e non poteva venire al Monte Rosa (in sede di rilettura preciso che abitava a Villaricca); quindi, più che dare direttive a Arcangelo, non poteva fare molto, non poteva essere presente. Arcangelo Abbinante si sentiva di essere come il suo omonimo Arcangelo Abbinante di Antonio, che ha invece ben altro spessore criminale. Quando Arcangelo (di Guido) prendeva una decisione, De Luca ed Antonio Esposito erano sempre contrari, perché lui non sapeva come “funzionava Scampia”. Io dicevo a De Luca di non mettersi in mezzo, perché, mentre gli altri facevano parte della famiglia, lui no, e quindi rischiava molto ad avere posizioni troppo critiche. Ed infatti da qui, come ho già detto, trova origine anche la morte di De Luca. Con l’uscita di Zio Tonino (la prima, avvenuta poco dopo, cioè qualche mese dopo, la mia scarcerazione), tutto si é sistemato. Zio Tonino è il boss indiscusso, è quello che comanda tutto ed ha sistemato anche ogni questione, anche con i clan “limitrofi” che avevano avuto problemi durante la gestione di Arcangelo: con gli Amato-Pagano, con la “Vanella Grassi”, con la Masseria Cardone. Prima, nessuno “ci considerava”, mentre con l’uscita di zio Tonino abbiamo visto un enorme cambiamento».

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