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martedì, Giugno 25, 2024
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Salvatore Riina vivrà a Corleone, chi è il terzo figlio del super-boss

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Salvatore Riina è tornato a Corleone dopo aver scontato una condanna a otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa, riciclaggio ed estorsione. Dopo la scarcerazione il figlio del boss, deceduto nel novembre del 2017, ha vissuto tra il Veneto e l’Abruzzo. Come riporta la Repubblica è stato ammesso al regime di affidamento ai servizi sociali e durante la sua detenzione si è anche laureato.

Dalla Sicilia il terzogenito di Riina mancava dal 2017, quando, dopo avere ottenuto l’autorizzazione del giudice, ricevette il permesso di fare da padrino al figlio della più piccola delle sue sorelle. Il fratello maggiore, Giovanni, sta scontando una condanna definitiva all’ergastolo per duplice omicidio e mafia. Salvo non ha mai rinnegato il padre, anzi, sulla storia della sua famiglia ha scritto il libro Riina family life che suscitò molte polemiche.

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RIINA A PORTA A PORTA

Salvo Riina parlò per la prima volta in televisione nell’aprile del 2016 nell’intervista rilasciata a Bruno Vespa per la puntata di Porta a porta.  Riina ricordò i sedici anni accanto al padre latitante, l’immagine di Totò Riina dinanzi al televisore che trasmetteva le stragi di Capaci e via D’Amelio, i silenzi in una famiglia che sapeva e non parlava.

Salvo Riina si rifiutò di rispondere alle domande di Vespa su Falcone e Borsellino. Nessuna presa di distanza dai molti delitti del padre, nonostante i ripetuti inviti del giornalista.
L’intervista fu commentata in studio da Antonio Emanuele Schifani, figlio di uno degli agenti della scorta di Falcone, da Dario Riccobono del Comitato ‘Addiopizzo’, da Luigi Li Gotti, difensore di Buscetta e di Brusca e dal giornalista Felice Cavallaro.

TRENT’ANNI DALL’ARRESTO DI RIINA

Sono passati trent’anni dalla cattura del boss corleonese Salvatore Riina, arrestato a Palermo il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza. Il primo passo della offensiva dello Stato contro Cosa nostra dopo le stragi del ’92 in cui caddero i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino assieme agli agenti di scorta.

Quel giorno i carabinieri intercettarono l’auto del capomafia appena uscita dal residence di via Bernini in cui viveva da tempo con la famiglia. L’operazione fu condotta dal gruppo guidato dal Capitano Ultimo; con loro il pentito Baldassare Di Maggio che riconosce Salvatore Biondino e Totò Riina a bordo di una Citroen ZX. Riina, seduto sul sedile passeggero dell’utilitaria guidata da Salvatore Biondino, viene bloccato intorno alle 8,30 sulla rotonda di via Leonardo da Vinci, quando l’auto ha appena superato il motel Agip. Il capitano Ultimo aprì lo sportello: “Riina, lei è catturato per mano dei carabinieri”.

Lo stesso giorno si insediava a Palermo il nuovo Procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli. La mancata perquisizione del covo di via Bernini, avvenuta solo alcuni giorni dopo quando la villa era stata ormai svuotata e ripulita, sfociò poi in una rovente polemica tra la Procura e i carabinieri e in un processo concluso con l’assoluzione del vicecomandante del Ros Mario Mori e del colonnello Sergio De Caprio, alias capitano Ultimo, dall’accusa di favoreggiamento a Cosa Nostra. Salvatore Riina è rimasto in carcere fino alla sua morte avvenuta il 17 novembre 2017; era di venerdì, come il giorno del suo arresto. Di tutti i suoi crimini non ha mai fatto nessuna ammissione.

 

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