“Sei proprio scostumato lo sai?
ma come, stai facendo i lavori nel Gescal e non ti sei nemmeno venuto a presentare? Non lo sai che è buona educazione chiedere il permesso quando si fanno i lavori?”. Si è presentato con queste parole il ras Pietro Izzo all’imprenditore edile impegnato in alcuni lavori di ristrutturazione nella zona mentre prendeva un caffè al bar. Un tono conciliatorio, quasi affabile con Izzo che dice all’uomo:”Non ti preoccupare, prenditi il caffè, ci conosciamo da tanti anni io e te, poi ci vediamo”. Parole che in realtà nascondevano un chiaro intento intimidatorio secondo la Procura. Il giorno dopo infatti si presentavano al cantiere Giovanni Napoli e Luca Gelsomino, personaggi di spicco del clan Licciardi della Masseria Cardone, che utilizzavano nei confronti dell’imprenditore ben altro tono:”Niente di meno stai facendo i cantieri nel Gescal e nella Masseria, ti stai intascando 40mila e 70mila euro e da noi non sei proprio venuto, non ti sei comportato bene. Comunque ci devi fare un regalo perché io da poco sono uscito di galera e stiamo senza soldi. Ci devi dare 5mila euro per i lavori che stai facendo nel Gescal”, e alle contestazioni dell’uomo che riferiva di aver già parlato con Izzo, Napoli rispondeva: “Pierino mi ha detto che questa cosa me la devo
vedere io, quindi te la devi vedere direttamente con me questa questione”. È questo uno dei passaggi chiave del decreto di fermo eseguito dagli uomini della squadra mobile (dirigente Giovanni Leuci) e da quelli del commissariato di Secondigliano (guidato da Tommaso Pintauro) nei confronti di Napoli e Gelsomino mentre Izzo è al momento irreperibile. Nelle 35 pagine del fermo, firmato dal pubblico ministero Celeste Carrano, viene ‘raccontato’ che dopo tali minacce Napoli e Gelsomino costringevano l’imprenditore a versare subito la somma di mille euro pattuendo poi il versamento di una seconda tranche di ulteriori mille euro alla fine del mese di giugno. Le richieste però sarebbero continuate con i due che non avrebbero atteso la fine del mese ma che avrebbero iniziato a reiterare le loro richieste e intimidazioni all’uomo. Significativo un passaggio in cui Napoli, dopo aver avvicinato l’uomo, gli urlava contro in dialetto:”Ma non ho capito, ci stai prendendo in giro? Ci stai mandando a comprare il sale, ma questi soldi ce li vuoi dare oppure no? Allora ti dobbiamo
fermare i lavori? Non ti dobbiamo far lavorare più?”, e, ancora, pochi giorni dopo intercettata la vittima in una tabaccheria, “Sei come il codice fiscale, non servi proprio a niente! Allora che dobbiamo fare? oggi alle 4.30 ti mando a Gelsomino a prendere i soldi, fammi sapere dove deve venire”. Pressioni, minacce, intimidazioni interrotte dal blitz delle scorse ore con il fermo dei due che lunedì, assistiti dal loro avvocato Antonietta Genovino, affronteranno l’udienza di convalida del fermo.
“Sei inutile come il codice fiscale”, le minacce dei ras dei Licciardi in strada all’imprenditore
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