L’app più famosa per ascolto in streaming della musica, Spotify, ha deciso di alzare ulteriormente i prezzi dei suoi abbonamenti. Questa decisione ha accesso una miriade di polemiche tra i suoi abbonati che non riescono più a sostenerne i costi aggiuntivi.
La tattica di Spotify
L’azienda aveva già fatto vittime dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti e in America Latina, alzando di tantissimo il prezzi dei suoi abbonamenti. Il piano premium era già a luglio salito di un dollaro arrivando alla cifra di 11,99, questa disposizione poi ha portato un aumento anche degli altri due piani, quello Duo e quello Famiglia che sono passati a 16,99 e 19,99 aumentando rispettivamente di 2 e 3 euro. Anche se può sembrare un aumento di poco conto, grava tantissimo sulle spese di una famiglia media americana che in abbonamenti spende circa 60 euro.
L’aumento anche in Occidente
L’aumento dei prezzi da settembre sarà un problema anche di noi occidentali. La decisione è infatti quella di passare anche qui il piano da 10,99 a 11,99 euro. La scusa data dalla grande multinazionale capitalistica è quella di “migliorare i servizi in tutto il mondo”, o almeno così dichiarano nella loro nota sui loro servizi social. L’ultimo aumento era stato registrato nel 2023 quando si è passati da 9,99 a 10,99. La società ha infine spiegato che “gli abitanti dell’Europa, dell’Africa, dell’America Latina e della regione dell’Asia-Pacifico, avranno una email che spiegherà tutte le indicazione per l’adeguamento dell’abbonamento”.
Il monopolio della musica, quando l’illegale diventa legale
Spotify fa praticamente quello che vuole con i prezzi dei suoi abbonamenti, forte della sua posizione e del suo monopolio della musica mondiale. Ogni artista che si rispetti passa per questo canale se vuole fare strada, altrimenti difficilmente si riesce a fare carriera e ad essere conosciuti. Gli incassi poi degli stessi artisti sono miseri e quasi nulli paragonati agli incassi societari che però stanno crollando a picco. La mancanza di una vera alternativa legale però fa restare tranquilla l’azienda che si muove con tutta comodità e aumenta i costi per gli abbonati. Privatizzare la musica, rendere gli artisti schiavi di una piattaforma a pochi spicci, e decidere interamente le regole del mercato, hanno reso legale l’illegalità morale del monopolio della musica.