In sei mesi la polizia penitenziaria ha sequestrato un centinaio di telefonini nelle celle in cui ci sono i detenuti dell’alta sicurezza. Nel carcere di Sabbione, è questa l’ipotesi d’accusa della procura ternana riportata da Il Messaggero, c’erano detenuti appartenenti alla criminalità organizzata che, grazie agli smartphone. Dunque i capiclan continuavano ad impartire ordini e alimentare dalle celle condotte illecite nei vari settori, dal traffico di stupefacenti alle estorsioni.
Le indagini coordinate dal comandante, Fabio Gallo, hanno convinto la procura a rinviare a giudizio 11 detenuti dell’As3, il reparto di massima sicurezza di Sabbione. Per l’accusa sostenuta dai pm, Barbara Mazzullo, Elena Neri e Marco Stramaglia gli 11 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata: “In esecuzione di un medesimo disegno criminoso, utilizzavano illecitamente telefoni cellulari all’interno dell’istituto di Terni in modo da poter proseguire nell’attività criminosa di riferimento grazie a comunicazioni fraudolente con l’esterno”.
LE PROVE ‘SCHIACCIANTI’
Per 11 detenuti, grazie alle prove che l’accusa definisce schiaccianti, è stato chiesto il processo. Si procede contro ignoti invece per il ritrovamento di telefonini in zone ad uso comune riservate ai detenuti. Dal comandante, Fabio Gallo, è arrivato il plauso: “Al personale di polizia penitenziaria che ha operato con la consueta professionalità, con la determinazione e la tenacia che hanno consentito il raggiungimento dei positivi risultati, cercando così di arginare il grave fenomeno della presenza di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari, che negli ultimi anni ha subito un’escalation preoccupante”.