La porta dell’appartamento era spalancata, come se la casa stessa avesse ceduto sotto il peso dell’orrore. Dentro, un equilibrio familiare già precario era crollato definitivamente. La tragedia che ha colpito Noemi Riccardi, 23 anni, uccisa dal fratello Vincenzo, 25, non è solo un fatto di sangue: è la fotografia di una fragilità ignorata troppo a lungo.
Secondo i primi accertamenti, entrambi i fratelli erano in cura presso il Centro di salute mentale di Nola. Non è ancora chiaro se seguivano percorsi regolari, né se negli ultimi mesi fossero state segnalate criticità. I vicini parlano di un ragazzo “difficile”, capace di scatti d’ira e già protagonista di aggressioni verso la madre.
Il delitto è maturato in pochi minuti, un pomeriggio che doveva essere come tanti. Poi l’esplosione. La coltellata dopo coltellata. Il corpo della sorella riverso a terra. E la videochiamata alla madre per mostrarle il cadavere. Un gesto che non appartiene alla lucidità, ma neanche alla semplice follia: appartiene a un punto di rottura.
La Procura di Nola sta disponendo consulenze psichiatriche per comprendere lo stato mentale del giovane al momento dell’aggressione. Perché questa storia non racconta solo un omicidio: racconta di una rete familiare fragile, di un peso che forse nessuno riusciva più a sostenere, di segnali che magari c’erano ma non sono bastati.
In attesa di risposte, resta un paese in silenzio. Un silenzio che pesa quanto il quinto piano di quella palazzina, dove una famiglia viveva insieme da anni, stringendosi attorno a una fragilità che, alla fine, ha travolto tutti.


